Controlli e liti

Sanatoria liti fiscali verso quota 12mila

In Cassazione si stima che la riforma possa portare al taglio di un quarto dei 47mila fascicoli pendenti. In attesa di eventuali modifiche alla rottamazione delle cause, resta aperta la questione dei ricorsi sugli estratti di ruolo

Corsa alle istanze di adesione alla definizione agevolata delle liti fiscali in Cassazione. La misura, prevista dalla legge sulla riforma della giustizia tributaria, secondo fonti interne alla Suprema corte potrebbe portare al taglio di 12mila cause dallo stock complessivo delle pendenze. Una cifra non irrilevante, se rapportata al totale delle pendenze: circa 47mila liti vecchie anche di cinque anni.

Allo stato la norma prevede che, in caso di doppia sconfitta integrale delle Entrate nei precedenti gradi di giudizio, si possono cancellare le liti fino a 100mila euro pagando il 5% mentre, qualora l’Agenzia abbia perso in tutto o in parte in uno solo dei gradi di merito, la sanatoria sarà rivolta alle liti fino a 50mila euro e con il pagamento del 20 per cento.

È comunque presto per tirare le somme sull’appeal generale della sanatoria. Ma tra gli addetti ai lavori c’è la convinzione che un’estensione della misura potrebbe incrementare lo smaltimento dei procedimenti, alcuni dei quali basati su crediti ormai inesigibili, anche fino a raddoppiarlo. L’ipotesi era circolata già nelle scorse settimane, e si vedrà con l’insediamento del nuovo Parlamento e del nuovo Governo se questa possibilità si tradurrà in una norma vera e propria.

Ruolo inoppugnabile

C’è poi da capire il destino di una montagna di cause relative agli estratti di ruolo – l’atto della Riscossione che elenca le cartelle esattoriali emesse e notificate al contribuente –, la cui impugnabilità è venuta meno con l’articolo 3-bis del Dl 146/2021. Una questione complicata dalla recente sentenza 26283/2022 del 6 settembre scorso delle Sezioni unite, che ha ritenuto retroattiva la norma. Il problema, infatti, è che fino al 2021 circa il 40% del totale dei ricorsi era proprio basato sull’impugnazione dell’estratto di ruolo. Nel 2020, per esempio, su 135mila ricorsi in Ctp, 55mila riguardavano il documento della Riscossione. Una bella grana da risolvere, anche considerato il disagio che sta montando nei gradi di merito del contenzioso, dove non mancano giudici che procedono ugualmente con la trattazione, ritenendo «inapplicabile» la sentenza della Cassazione.

Le nuove Corti di giustizia tributarie sono così chiamate – tra l’altro – a sbrogliare i nodi che nascono dal deposito di questo provvedimento delle Sezioni unite. Una decisione che ha costituito un cambio di rotta radicale della Cassazione in materia di impugnabilità degli estratti di ruolo.

Il problema, infatti, è che nel 2015 il giudice di legittimità aveva aperto la strada a queste impugnazioni. La sentenza 19704 aveva ritenuto che per fare valere l’invalidità della notifica di un atto (ad esempio, la cartella di pagamento) del quale il contribuente era venuto legittimamente a conoscenza – proprio attraverso il rilascio dell’estratto del ruolo – non fosse necessario aspettare la notifica di un atto successivo (ad esempio intimazione di pagamento) per impugnarlo poi unitamente a quest’ultimo, così come, invece, vuole il terzo comma dell’articolo 19 Dlgs 546/92. L’impugnazione dell’estratto di ruolo è stata ritenuta possibile solo al fine di consentire una tutela immediata su un atto notificato male senza dovere attendere un atto successivo.

Chiusura liti

Una via per risolvere questo problema potrebbe essere l’estensione della definizione liti anche ai gradi di merito ed a questo tipo di cause. Le Sezioni unite della Cassazione nelle ordinanze e sentenze del 17 febbraio 2010 hanno inteso, infatti, la definizione liti come transazione giudiziale finalizzata alla prevenzione e alla composizione del contenzioso in atto.

Il vantaggio potrebbe essere duplice. Da una parte al fisco potrebbe convenire prendere anche una percentuale minima su un ruolo che, in mancanza di prova sulla notifica degli atti presupposti, potrebbe essere dichiarato prescritto in un successivo ed ulteriore giudizio riproposto avverso l'intimazione di pagamento. Dall’altra al contribuente potrebbe convenire pagare una percentuale minima per vedere subito e definitivamente chiarita la sua posizione con il fisco senza avere la necessità di proporre un ulteriore giudizio.

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