Professione

Sanzioni al giudice che propone il commercialista amico

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di Patrizia Maciocchi

Sanzionato il magistrato che affida l’incarico di consulenza a un commercialista con il quale ha un «rapporto privato di speciale intensità».

La Corte di cassazione, con la sentenza 9156 depositata ieri, respinge il ricorso della toga incolpata per la violazione del codice deontologico. In particolare la contestazione riguardava il mancato rispetto della legge 109/2006 (articoli e 2 lettera g), che scatta in caso di ignoranza o negligenza inescusabile. Alla base dell’“accusa” l’affidamento di una consulenza ad un commercialista, già nominato in 79 procedimenti, con il quale la ricorrente aveva un rapporto risalente nel tempo. L’amicizia tra la toga e il professionista era dimostrata anche da un messaggio, affidato ad internet, con il quale il magistrato ringraziava il commercialista che aveva fatto da “supervisore” ad un suo libro, definendolo «splendido correttore di bozze».

Ad avviso dei probiviri del Consiglio superiore della magistratura, l’affidamento di numerosi incarichi non era giustificato neppure dalla difficoltà di trovare un professionista di pari capacità, trattandosi di un commercialista. Né sui verbali di nomina era stata menzionata una particolare competenza in relazione alle materie oggetto di giudizio. Inoltre al professionista era stato liquidato anche un compenso superiore a quello previsto dal decreto del ministero. La Suprema corte considera fondato l’addebito. I giudici ricordano che il magistrato può, per esigenze legate alla giurisdizione, nominare un consulente non iscritto all’albo del Tribunale in cui è incardinata la causa. Una scelta che la toga, sentito il presidente del Tribunale, può fare senza incorrere nella violazione di legge (articolo 22 delle disposizioni attuative del codice di rito civile) o incappare in una nullità, non essendo la norma “inderogabile”. Quello che la toga non può fare è scegliere un professionista mossa da ragioni personali. Ad avviso della sezione disciplinare dell’organo di autogoverno dei magistrati è quanto avvenuto nel caso esaminato, con l’indicazione «di un soggetto legato al magistrato da un rapporto privato di speciale intensità».

Un tema, quello delle nomine per ragioni “personali”, che è stato affrontato, sebbene in relazione agli amministratori giudiziari, nei due decreti legislativi di attuazione della legge di riforma del Codice antimafia, approvati in prima lettura dal Cdm il 16 marzo scorso. La stretta al regime delle incompatibilità, impone - agli amministratori giudiziari, ai loro “coadiutori”, ai curatori fallimentari e agli altri organi delle procedure concorsuali - l’obbligo di fare un passo indietro nel caso di rapporti di parentela, di convivenza o di amicizia con le toghe addette all’ufficio giudiziario del magistrato che assegna l’incarico.

Corte di cassazione – Sezioni unite- Sentenza 12 aprile 2018 n.9156

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