Imposte

Se rispetta i requisiti l’operazione non è contestabile

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di Giorgio Gavelli

Dalla lettura degli avvisi di accertamento riguardanti i costi chilometrici degli studi associati emergono alcune riflessioni. Poiché è fuori discussione la legittimità della deducibilità del rimborso spese per l’auto utilizzata in trasferta dal dipendente dell’associazione professionale (pur con i limiti legati alla cilindrata), viene lecito chiedersi per quale motivo lo studio può dedurre integralmente i chilometri della segretaria che si reca, con la propria auto, a depositare il ricorso in Commissione e non quelli dell’associato professionista che va a discuterlo. Tenendo presente che nemmeno il primo costo, a stretto rigore, è previsto dall’articolo 54 del Tuir (il comma 6 tratta, letteralmente, di vitto e alloggio), come del resto tante altre spese.

L’articolo 54 del Tuir interviene nello specifico laddove i principi generali di inerenza e “cassa” devono essere oggetto di deroghe, limitazioni o precisazioni, ma nulla dice di tutte le situazioni in cui essi funzionano in autonomia. Per cui la giustificazione del “non c’è scritto” non appare mai una motivazione condivisibile.

Non appare condivisibile nemmeno la posizione assunta nella decisione 2185/02/2018 della Ctr Puglia che considera deducibili solamente i costi chilometrici addebitati analiticamente ai clienti in fattura: se si seguisse questo ragionamento nessuna spesa generale di studio (dal riscaldamento all'illuminazione) sarebbe deducibile.

Va osservato che, adottando la modalità del rimborso dei costi chilometrici sostenuti dall’associato, l’associazione “rinuncia” alla detrazione (per quanto parziale) dell’Iva sull’acquisto, nonché della deduzione e della detrazione (sempre parziale ma significativa) dei costi di esercizio dell’auto per tutti i chilometri percorsi dall’autovettura al di fuori di tali trasferte. Per cui non è affatto detto che, adottando la metodologia del rimborso analitico, ci sia un vantaggio in termini economici e fiscali.

In passato è stato chiesto all’agenzia delle Entrate di conoscere il trattamento, ai fini delle imposte dirette, dei rimborsi spese dei soci di una società di persone per le trasferte da essi effettuate. Nella risposta (circolare 6/E/2009, par. 4), l’amministrazione finanziaria, pur negando l’applicabilità diretta dell’articolo 95, comma 3, del Tuir al caso di specie, ha affermato che le spese sostenute per le trasferte dei soci «possono, invece, essere portate in deduzione secondo il generale principio di inerenza che sottende alla determinazione del reddito di impresa», così avvallando il ricorso ai principi generali.

Il parallelo con le società di persone non significa che l’articolo 95 si applica, in quanto tale, al reddito di lavoro autonomo, ma che esso disciplina una situazione (sussistente anche nell’ambito del reddito di lavoro autonomo) che è, in primis, regolata dai principi generali del sistema d'imposizione della singola tipologia di reddito.

In conclusione, dunque, in sede di verifica si possono disconoscere i rimborsi se non inerenti o non correttamente documentati, mentre non può essere contestata la deduzione di spese munite di tutti i necessari requisiti richiesti dal legislatore.

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