Senza comproprietà gli eredi pagano le tasse sulle azioni
Il trasferimento di partecipazioni di controllo è operazione che presenta una particolare tutela fiscale, nel senso che è ritenuta situazione da agevolare o comunque da trattare con regimi fiscali particolarmente favorevoli.
Oltre al caso del conferimento di partecipazione di controllo, vi è l’ipotesi di trasferimento di partecipazione mortis causa. Tale operazione viene esentata da imposta di successione, ex articolo 3, comma 4-ter del Dlgs 346/1990, nel caso in cui la partecipazione sia in società di capitali, laddove la partecipazione medesima sia di controllo, o meglio, che permetta al soggetto avente causa di esercitare il controllo nell’accezione di detenzione della maggioranza dei diritti di voto ex articolo 2359, comma 1, n. 1), del Codice civile.
In questa fattispecie il ragionamento da farsi per capire se la partecipazione caduta in successione è di controllo è necessariamente diverso dal caso del conferimento: infatti nel trasferimento mortis causa a favore di un soggetto che non detiene già alcuna partecipazione della stessa società, serve che la partecipazione ereditata sia oggettivamente di controllo affinchè si possa applicare l’esenzione da imposta di successione. Ma non basta: occorre anche verificare che, per effetto del trasferimento agli eredi, sia mantenuto il controllo in capo ad un unico soggetto titolare dei diritti di voto, poiché diversamente l’avente causa non sarebbe esentato dall’applicazione dell’imposta di successione.
Pensiamo al caso di una partecipazione del 60% caduta in successione e trasferita a tre figli che quindi arrivano a detenere ciascuno il 20% della società partecipata: la partecipazione originariamente di controllo diventa soggettivamente non di controllo quindi non suscettibile di ottenere l’agevolazione. Per ottenere l’esonero dall’imposta di successione è necessario, nel caso sopra esposto, che gli eredi detengano in comproprietà la partecipazione stessa, posto che quando la partecipazione è in comproprietà l’esercizio del diritto di voto è unitario e materialmente eseguito dal rappresentante appositamente nominato (articolo 2468, comma 5 Codice civile), come del resto è stato rilevato dalla circolare 3/E del 2008.
Chiaramente è diversa la situazione laddove l’avente causa già detenga una partecipazione nella società le cui quote sono trasferite mortis causa: poniamo che il padre detenga il 30% delle partecipazioni in Gamma Spa e il figlio unico erede detenga già il 25% delle stesse partecipazioni: in questa fattispecie non occorre che la partecipazione trasferita mortis causa sia oggettivamente di controllo poiché è sufficiente che attraverso il trasferimento per causa di morte l’erede acquisisca il controllo, e ciò avviene sommando il proprio 25% con il 30% ottenuto in qualità di erede.
Lo scenario cambierebbe se fossimo di fronte a società di persone le cui partecipazioni sono trasferite per effetto di successione: in questa fattispecie viene meno la condizione della «acquisizione del controllo» e l’articolo 3, comma-ter, assegna l’esonero da imposta di successione semplicemente per il fatto che l’intestazione all’erede avviene mortis causa.