Professione

Senza residenza in Italia il commercialista non resta iscritto all’Albo

In mancanza di residenza nel territorio italiano ed in assenza anche di un «domicilio professionale» in Italia non sono soddisfatti i requisiti previsti per l’iscrizione

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di Federico Gavioli

Il commercialista che non ha più la residenza e neppure il «domicilio professionale» in Italia non può rimanere iscritto all’Albo dei commercialisti. È quanto affermato dal Cndcec, con il Pronto Ordini 59/2023.

Nel caso in esame un Ordine territoriale poneva un quesito al consiglio nazionale dei commercialisti con il quale chiedeva se un iscritto nella seziona A, dell'Albo dei commercialisti, avente un rapporto di «lavoro esclusivo» nella città di Londra, dove era in procinto di trasferire la propria residenza, poteva rimanere iscritto all'Albo oppure iscriversi nell'elenco speciale.

Cosa prevede il regolamento dei commercialisti

L’articolo 36 del Dlgs 139/2005, prevede che per l’iscrizione nell’Albo dei commercialisti è necessario:

a) essere cittadino italiano, ovvero cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato estero a condizione di reciprocità;

b) godere il pieno esercizio dei diritti civili;

c) essere di condotta irreprensibile;

d) avere la residenza o il domicilio professionale nel circondario in cui è costituito l’Ordine cui viene richiesta l’iscrizione od il trasferimento.

Il Cndcec, in passato, con l'informativa 22/2019, ha chiarito che il criterio di collegamento tra il professionista e l’albo di riferimento è, alternativamente, la residenza o il domicilio professionale. Si è, in altri termini, svincolata la facoltà d’iscrizione nell’albo dalla residenza (intesa come luogo ove confluiscono gli interessi morali sociali e familiari di una persona) rendendola alternativa al domicilio professionale, inteso come sede ove il professionista esercita in maniera stabile e continuativa la propria attività: ciò rileva in tutti quei casi in cui l’iscritto abbia la sede professionale in un luogo diverso da quello in cui questi risiede.

Secondo una consolidata giurisprudenza, ricorda sempre l'informativa dei commercialisti , tra le quali la sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 18 febbraio 2010, per domicilio professionale deve intendersi la sede principale degli affari ed interessi del professionista, cioè il luogo in cui questi esercita in modo stabile e continuativo la propria attività; esso può essere identificato, in linea di principio, con lo studio professionale.

La stessa giurisprudenza ha, altresì, precisato come tale concetto si caratterizzi principalmente per l’elemento soggettivo dell'intenzionalità di costituire e mantenere in un determinato luogo il centro principale delle proprie relazioni economiche e risulti verificabile sulla base di determinati dati oggettivi quali: frequenza, periodicità e continuità delle prestazioni erogate, numero dei clienti, giro di affari, eccetera.

Le conclusioni del Cndcec

Il Consiglio nazionale dei commercialisti evidenzia che in mancanza di residenza nel territorio italiano ed in assenza anche di un «domicilio professionale» in Italia non sono soddisfatti i requisiti previsti dal Dlgs 139/2005 che istituisce l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Relativamente all'iscrizione nell'elenco speciale dei non esercenti, conclude il Cndcec è necessaria la sussistenza di una delle ipotesi di incompatibilità con l'esercizio della professione previste dall'articolo 4 del Dlgs 139/2005, oltre il requisito alternativo della residenza o del domicilio professionale richiesti. Si ricorda che Dlgs 139/2023 dispone che l’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile è incompatibile con l’esercizio, anche non prevalente, né abituale:

a) della professione di notaio;

b) della professione di giornalista professionista;

c) dell’attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti;

d) dell’attività di appaltatore di servizio pubblico, concessionario della riscossione di tributi;

e) dell’attività di promotore finanziario.

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