Il CommentoControlli e liti

Un perimetro più definito per la sanzione da omesso versamento

Dopo che la Cassazione ha bloccato l’automatismo tra dichiarazione infedele e mancati versamenti. Al contribuente la via del ravvedimento operoso

immagine non disponibile

di Dario Deotto

Per la Cassazione (viene da dire: “anche per la Cassazione”, dopo tanti anni che lo si sostiene) la sanzione per omesso versamento del tributo è vicenda distinta dalla penalità per infedele dichiarazione. Sicché in presenza di violazioni che determinano l’infedeltà della dichiarazione non può essere irrogata anche la sanzione per l’omesso versamento del tributo. Lo stabilisce la sentenza n. 27963 del 7 dicembre scorso.
La Cassazione giustamente rileva che la sanzione dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997 - pari, ordinariamente, al 30% dell’importo non versato - riguarda la «mancata esecuzione, in tutto o in parte, dei versamenti dell’imposta risultante dalla dichiarazione». Infatti, la norma colpisce le violazioni relative ai versamenti “diretti” (e ora anche alle compensazioni), intendendosi tali quelli che il contribuente determina direttamente in sede di saldo, di acconto delle imposte dovute nonché di liquidazione periodica del tributo (come nel caso dell’Iva). In sostanza, la violazione si realizza quando, una volta che il contribuente ha determinato il tributo come dovuto, egli non esegue, alle prescritte scadenze, il relativo versamento, ovvero lo esegue in ritardo o in misura insufficiente. Lo rappresenta bene la Corte in un passaggio della pronuncia, quando (punto 4.4) viene affermato che, in caso di dichiarazione infedele, il contribuente non può provvedere materialmente al versamento dell’importo corretto (dall’ufficio), atteso che il pagamento effettuato corrisponde al dato indicato nella stessa dichiarazione.
In sostanza, quando “a monte” vi è una violazione prodromica come, ad esempio, la mancata emissione della fattura o l’infedele dichiarazione dei redditi, la sanzione dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997 non può essere irrogata (il maggior tributo che ne deriva non è stato, evidentemente, determinato “direttamente” dal contribuente). L’ufficio deve applicare soltanto la sanzione per la violazione prodromica (la mancata fatturazione o l’infedele dichiarazione, nell’esempio prospettato), non per quella indotta dell’omesso versamento.

Le conseguenze

C’è soltanto un piccolo passaggio che stona nella pronuncia della Corte: dopo avere chiaramente distinto le due violazioni (quella dell’omesso versamento e quella dell’infedeltà dichiarativa), la pronuncia stabilisce che la sanzione più grave dell’infedele dichiarazione “assorbe anche l’omesso versamento”. E’ la stessa tesi proposta dalla circolare 42/E/2016, anche se incidentalmente, nel paragrafo 3.1.1 del documento di prassi. Questo dopo che per anni la stessa Agenzia aveva affermato la necessità di eseguire il ravvedimento operoso sia per la violazione prodromica dell’infedeltà che per quella (indotta) del mancato versamento.Occorre però specificare che non c’è alcun assorbimento della sanzione per l’omesso versamento in quella della violazione prodromica. Semplicemente, come si è prima specificato, in presenza di violazione prodromica, come l’infedeltà dichiarativa, non c’è alcuna sanzione per l’omesso versamento, considerato che quest’ultima si applica soltanto al mancato o parziale pagamento determinato direttamente da parte del contribuente. Ne deriva che questi principi devono – evidentemente – essere applicati dal contribuente in sede di ravvedimento operoso, posto che il ravvedimento si esegue avendo a riguardo alla sanzione (senza cumulo giuridico) che l’Agenzia irrogherebbe se il contribuente non provvedesse alla regolarizzazione.