Sì ai test per scoprire se l’azienda è in difficoltà
La modifica più importante intervenuta tra la precedente versione delle norme e quest'ultima, ora posta in consultazione, è rappresentata dalle novità introdotte dal decreto legislativo 14/2019, con il quale è stato emanato anche il Codice della crisi. In attesa dell'entrata in vigore di quest'ultimo, rinviata al settembre del 2021, sin dal marzo dello scorso anno la gestione di tutte le imprese che operano in forma collettiva o societaria deve uniformarsi al principio dettato dal nuovo secondo comma dell'articolo 2086 del Codice civile in base al quale chi è chiamato a gestire tali imprese deve:
- istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato;
- assicurarsi che tale assetto sia (anche) in grado di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale;
- attivarsi senza indugio per adottare strumenti che consentano il superamento della crisi ed il recupero del going concern.
Si tratta di un principio vertice della corretta amministrazione societaria e imprenditoriale destinato ad avere un notevole impatto anche sull'attività dell'organo di controllo, chiamato a vigilare in particolare sull'adeguatezza (anche) dell'assetto organizzativo predisposto dall'organo gestorio. Le norme di comportamento in consultazione (norma 3.4 e successive) offrono importanti suggerimenti ai sindaci chiamati a tale compito. In particolare, si puntualizza che il collegio «nel vigilare sul concreto funzionamento dell'assetto organizzativo, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione che, possono costituire un valido strumento operativo, sia in fase di insediamento che a regime». Da notare il puntuale riferimento a test che denota una precisa volontà di non volersi “agganciare” a tecniche di campionamento che hanno per definizione un significato (tecnico, appunto) molto più impegnativo, che richiama l'esperienza maturata soprattutto dalle società di revisione . In tal modo si vuole evitare di esporre a nuove e più delicate responsabilità i sindaci, presupponendo conoscenze tecniche (ai professionisti) non sempre consone allo standard della società e soprattutto richiedendo (alle società) investimenti dai costi sproporzionati per la natura e dimensione dell'impresa; con un esito, in definitiva, dissuasivo rispetto all'assunzione della carica per i professionisti più cauti e reputati.
Del resto, non è facile elaborare un modello che consenta di costruire un campionamento per verificare l'adeguatezza degli assetti.
In definitiva il documento valorizza il carattere relativo del riferimento alla natura e dimensione dell'impresa e lascia spazio (dandole il credito che senz'altro merita) alla professionalità del sindaco e alla sua capacità di operare valutazioni mirate alla fattispecie concreta. In tal modo si intende scongiurare (o, quanto meno, limitare) inammissibili derive giustizialiste di chi un domani pretenda di desumere meccanicamente dal verificarsi dell'insolvenza l'accertamento dell'inadeguatezza degli assetti, imputando, di conseguenza, la relativa responsabilità a gestori e controllori.