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Smart working, così il rimborso spese al dipendente evita l’Irpef

La risposta a interpello 314/2021: niente tassazione ma in presenza di criteri di quantificazione rigorosi

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di Cristian Valsiglio

L’agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 314 del 30 aprile 2021, ha precisato che le somme erogate per rimborsare i propri dipendenti delle spese sostenute per eseguire la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile devono essere escluse da imposizione fiscale. Ma attenzione il rimborso spese deve essere quantificato con criteri rigorosi; in caso contrario le somme erogate ai dipendenti saranno tassate (cfr. interpello n. 328 dell'11 maggio 2021).

Nella fattispecie analizzata dall’Amministrazione finanziaria, il datore di lavoro ha espresso l’intenzione di concedere ai propri dipendenti e a quelli delle altre società del gruppo, una somma a titolo di rimborso delle spese poste a carico del lavoratore per svolgere la propria attività lavorativa secondo le modalità del lavoro agile presso la propria abitazione. Nel quesito si chiedeva se le predette somme potessero essere considerate esenti dal punto di vista fiscale.

Come è noto l’articolo 51 del Dpr 917/1986 al comma 1 pone un rigoroso principio di piena tassabilità di tutte le somme che il datore di lavoro eroga ai propri dipendenti in relazione al rapporto di lavoro (cosiddetto principio di onnicomprensività).
A questo punto, al fine di considerare determinate somme esenti, è necessario verificare se sono presenti esplicite clausole di esclusione, analizzando i commi successivi al primo dell’articolo 51 sopra richiamato, o in alternativa, se le somme concesse siano erogate senza creare capacità reddituale (“contributiva”) in capo al lavoratore.
Nel caso concreto mancando una formale previsione di esclusione dalla base imponibile delle somme rimborsate ai smartworker, l’analisi si è necessariamente soffermata sulla seconda tipologia di verifica.

In merito a tale aspetto, l’agenzia delle Entrate, ripercorrendo precedenti documentazioni di prassi (si vedano circolare 326/1997 e risoluzione 178/E/2003), ha precisato: da un lato, che possono essere esclusi da imposizione fiscale quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito e di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente (es. beni strumentali di piccolo valore, carta della stampante etc.); dall’altro, che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (es. indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) o che siano effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.

Sulla base dei predetti principi sono ad esempio stati ritenuti esenti i rimborsi dei costi dei collegamenti telefonici sostenuti dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l’attività lavorativa in quanto ritenuti rimborsi di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente (si veda risoluzione 357/E/2007).
Laddove non sia prevista dalla disposizione normativa un’esplicita quantificazione forfettaria della base imponibile fiscale (es. auto ad uso promiscuo), ai fini dell’esenzione del rimborso, è necessario che i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, siano individuati sulla base di elementi oggettivi e documentalmente accertabili (si veda risoluzione 74/E/2017).
L’analisi del Fisco pertanto si è concentrata sul caso concreto verificando i criteri adottati dal datore di lavoro di quantificazione del rimborso spese.

A tal proposito dalla richiesta di istanza si evince che il datore di lavoro, con riferimento al rimborso spese, ha posto le seguenti condizioni:

il luogo di svolgimento della prestazione in smartworking deve essere l’abitazione del dipendente o altro luogo, i cui costi diretti restano a suo carico;

non si considerano le spese di vitto, i costi di climatizzazione estiva, i costi per la rete internet, altri costi fissi quali le spese di allaccio alla rete elettrica ed idrica in quanto ritenuti indipendenti dall’utilizzo dell’abitazione (o luogo ad esso assimilabile) per scopi lavorativi anziché ad uso esclusivamente privato.

In merito alla quantificazione del rimborso è stato ritenuto adeguato un rimborso di euro 0,50 per ogni giorno di lavoro in smartworking prendendo in considerazione il consumo di energia elettrica per l’utilizzo di un computer e di una lampada, i costi per l’utilizzo dei servizi igienici (acqua e materiale di consumo) e valutando che il lavoratore nel periodo invernale aveva utilizzato un sistema di riscaldamento per un’ora al giorno.
A giustificazione della somma determinata, il datore di lavoro ha dichiarato che l’importo del rimborso giornaliero fissato in euro 0,50, è inferiore rispetto al risultato relativo al costo giornaliero stimato (pari a euro 0,5135) e a quello risparmiato dalla Società pari a euro 0,5105.

Alla luce delle predette considerazioni, l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 314, ritiene che il datore Istante abbiamo correttamente dimostrato che la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smartworking si basa su parametri diretti ad individuare costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. In sostanza l’Istante è riuscita a fornire gli elementi necessari per considerare i predetti rimborsi riferibili a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
In ragione di quanto sopra affermato, il Fisco ha ritenuto che le somme erogate dalla Società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti durante lo svolgimento della prestazione in smartworking non debbano essere considerati imponibili ai fini Irpef.

Tuttavia è necessario porre particolare attenzione ai criteri di definizione delle somme erogate ai dipendenti. Infatti, l'agenzia delle Entrate con risposta 328/2021 ha precisato che il rimborso stabilito nella misura forfetaria del 30% dei consumi effettivi addebitati al lavoratore nelle fatture periodiche emesse a suo nome o del coniuge convivente, relativi a costi della connessione a internet e per l'utilizzo della corrente elettrica, dell'aria condizionata o del riscaldamento deve essere tassato in quanto i costi sostenuti dal dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi e documentalmente accertabili. Come precisato dal Fisco, al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente occorrerebbe adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l'energia elettrica, la connessione internet, etc.), la quota di costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro.


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