Società di comodo targate Ue: la base di calcolo è retroattiva
La nuova direttiva Atad 3 andrà in vigore dal 2024, ma prende a riferimento il 2022-2023. Tra gli Stati membri scambi di dati obbligatori e possibili richieste di audit fiscali
È in arrivo l’ok finale alla direttiva europea sulle società di comodo per contrastare quelle interposte, le cosiddette intermedie, che non esercitano un’attività economica effettiva. Il Consiglio Ue, acquisiti i pareri favorevoli di Parlamento e Comitato economico e sociale europeo, si appresta a votare la proposta COM 2021/565, che contiene una stretta per impedire di sfruttare i benefici fiscali previsti dalle convenzioni e dalle direttive 2003/49 (su «interessi e canoni») e 2011/96 (la cosiddetta madre-figlia).
Spesso le multinazionali costituiscono società prive di sostanza economica per trasferire gli utili dagli Stati membri ad alta imposizione in cui operano. Interpongono una società conduit, che percepisce dividendi, interessi, canoni e altri passive income, fruendo dei benefici sulle ritenute alla fonte sui flussi corrisposti in uscita, previo rilascio del certificato di residenza fiscale in uno Stato Ue, ritrasferendo poi gli utili lordi (non tassati o tassati in misura minima) al socio o al gruppo di riferimento, in genere residente in Stati extra-Ue.
La nuova direttiva verrà recepita entro il 30 giugno 2023, affinché entri in vigore dal 2024, con impatto su quest’ultimo periodo oggetto di dichiarazione da presentare nel 2025 (Assonime, Consultazioni n. 6 del 7 aprile 2022). Ma in realtà c’è poco tempo per riorganizzarsi: l’“impresa a rischio” di essere qualificata come shell company, a prescindere da forma giuridica e importo dei ricavi, deve effettuare un substance test in base ai criteri di ingresso - i gateway - già verificatisi negli anni 2022-2023; altrimenti, l’assenza di sostanza economica minima comporta la disapplicazione di tutte le agevolazioni previste da convenzioni e direttive (articolo 6).
Risultano escluse solo le imprese Ue con almeno cinque dipendenti e quelle finanziarie regolamentate; tutte le altre devono effettuare un self assessment per verificare la presenza cumulativa di tre alert nei due periodi di osservazione, 2022-2023:
1) conseguimento di passive income per oltre il 75% dei ricavi, soglia che per il Parlamento è da ridurre;
2) esercizio di un’attività transfrontaliera;
3) esternalizzazione del processo decisionale di funzioni significative.
In caso di esito positivo, l’impresa comunica in dichiarazione dei redditi almeno tre “indicatori di sostanza”:
O la disponibilità di locali;
O il suo conto corrente bancario;
O i poteri reali e la residenza in loco degli amministratori.
Sono ammessi ulteriori documenti e prove a discarico, quali ubicazione e tipologia dei locali, qualifiche e funzioni degli amministratori, attività esternalizzate e natura di ricavi e costi nonché delle attività svolte per generare i proventi passive (articolo 7).
Se dal controllo amministrativo l’impresa risulta priva di sostanza economica, può confutare la presunzione relativa di shell company producendo altre prove su logica commerciale perseguita e processo decisionale delle attività esercitate, così da dimostrarne il controllo e il sostenimento dei rischi (articoli 8 e 9).
Quindi occorre riorganizzarsi già nell'esercizio 2022, sia per evitare gli effetti fiscali negativi – ritenute alla fonte in misura piena, tassazione per trasparenza in capo ai soci, diniego del certificato di residenza o rilascio di un’attestazione che inibisce i benefici previsti dai trattati - sia per scongiurare la sanzione del 5% del fatturato o, come suggerito dal Parlamento, da parametrare agli asset di proprietà, per l'ipotesi di infedeltà dichiarative.
È auspicabile attivarsi subito anche perché la direttiva prevede lo scambio automatico obbligatorio di informazioni e la richiesta di audit fiscali tra gli Stati membri.
Il riassetto può riguardare la razionalizzazione delle partecipazioni e il rafforzamento della governance, con correttivi alle attività svolte, incluse quelle esternalizzate, implementando risorse, dipendenti e funzioni dell'amministratore.
In alternativa, si può optare ex ante per la procedura di esenzione, dando prove idonee a dimostrare che l'interposizione non dà alcun vantaggio fiscale né ai propri soci o titolari effettivi né al gruppo (articolo 10).