Adempimenti

Stazioni di servizio, ammortizzabili i costi delle aree

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di Giorgio Gavelli

Anche nel reddito d’impresa l’edificabilità, in casi particolari, ha un suo peso. Secondo la sentenza a Sezioni unite della Corte di cassazione 10225/2017 (depositata lo scorso 26 aprile), i costi di acquisizione dei terreni che fungono da aree di sedime per gli impianti di distribuzione di carburante sono ammortizzabili, laddove si accerti che essi, al termine dell’uso produttivo, non siano più utilizzabili in modo proficuo in ragione del loro deperimento, fisico ed economico.

L’arresto delle Sezioni unite supera una interpretazione abbastanza consolidata dei giudici di legittimità, volta a negare l’ammortamento dei terreni, anche in questa specifica ipotesi, a causa della loro durata illimitata nel tempo.

In passato, infatti, la Corte di cassazione (pronunce 9068/2015, 13475/2014, 12502/2014, 16690/2013, 12924/2013 e 9497/2008) aveva pressoché costantemente affermato l’erroneità della tesi favorevole all’ammortamento, traendo il proprio convincimento, tra l’altro, dall’assenza nel decreto ministeriale del 31 dicembre 1998 di aliquote riferite a questi terreni, contrariamente a quanto avviene per quelli su cui insistono le linee ferroviarie, i moli e le autostrade.

Tuttavia, la pronuncia di rinvio (Corte di cassazione, sentenza 1703/2016 commentata su IlSole-24 Ore del 31 ottobre 2016) aveva ricordato che esistono aree (come quelle adibite a cave, torbiere e discariche) che hanno una utilizzazione limitata nel tempo, al punto che, riguardo ad esse, i principi contabili (sia interni che internazionali) prevedono specifiche eccezioni.

Le Sezioni unite hanno sposato in pieno il concetto, mettendo in evidenza la differenziazione sussistente tra periodo di utilizzazione produttiva del bene e durata fisica dell’esistenza del bene medesimo, ben potendo essere il primo limitato anche laddove la seconda è illimitata. Ai fini dell’ammortamento rileva la durata della “vita utile” del bene strumentale (come si evince dall’articolo 2426 del Codice civile), non la sua materiale persistenza al termine dell’impiego produttivo.

Per le aree in esame, il deperimento fisico ed il decremento di valore al momento della dismissione è tale da renderne limitato nel tempo l’utilizzo e diseconomico il riutilizzo, considerati i costi di bonifica e la modificazione fisica del bene.

Nel caso considerato dalla Corte, l’aliquota di ammortamento dei costi relativi al terreno va individuata in corrispondenza del Gruppo IX, specie 2, del Dm 31 dicembre 1988, con riferimento ai beni quali «chioschi, colonne di distribuzione, stazioni di imbottigliamento, stazioni di servizio» (aliquota: 12,5%). Fino ad ora, solo una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito aveva affermato la deducibilità dell’ammortamento per i costi dei terreni delle stazioni di servizio (Ctr Campania, sentenza 129/17/2009, Ctr Lazio, sentenze 213/32/2007 e 129/34/2006).

Questo arresto della Cassazione è particolarmente importante perché cita espressamente anche la disciplina fiscale sopravvenuta (articolo 36 del decreto legge 223/2006), precisando che essa è comunque irrilevante ad orientare l’attività dell’interprete, poiché si applica a terreni che (nonostante siano sottostanti o pertinenziali a fabbricati) presentano una vita utile illimitata, contrariamente a quelli annessi alle stazioni di servizio.

Ricordiamo che per l’Agenzia (circolare 1/E/2007), tale disciplina è applicabile anche agli impianti e ai macchinari infissi al suolo, ove accatastabili (ma, sul punto, si veda l’articolo 1, comma 21 della legge 208/2015).

In base al principio contabile Oic 16 (paragrafo 60), sulla scorta di quanto già previsto dai principi internazionali, «i terreni non sono oggetto di ammortamento, salvo che nei casi in cui essi abbiano un’utilità destinata ad esaurirsi nel tempo come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche». Nelle ultime versioni (2014 e 2016) è stato eliminato il riferimento che permetteva di non scorporare l’area dal fabbricato nel caso in cui il valore della prima tendesse a coincidere con il valore del fondo di ripristino/bonifica del sito, nel presupposto che la rilevazione distinta del terreno e del relativo fondo accantonamento fornisca una migliore rappresentazione contabile.

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