Controlli e liti

Stop all’accertamento che rinvia a documenti non conosciuti dal contribuente

La Ctp Firenze boccia la motivazione per relationem: carenza di prova con atti non prodotti in giudizio

È nullo, per difetto di elemento essenziale, l’avviso di accertamento motivato per relationem attraverso il rinvio a documenti non conosciuti dal contribuente. A questo vizio si somma la carenza di prova della pretesa impositiva laddove tali documenti non siano neppure prodotti nel corso del giudizio. È questo il principio espresso dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze (presidente Pezzuti, relatore D’Auria) nella sentenza 340/2/2021.

La vicenda, da cui trae origine la pronuncia, prende le mosse dall’emissione di un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2014. Con l’atto impositivo l’agenzia delle Entrate accertava un maggior reddito, pari ai proventi che il concessionario della rete telematica degli apparecchi per il gioco lecito (articolo 110, comma 6, lettera a, del Tulps) aveva corrisposto al terzo, quale soggetto incaricato della raccolta. In particolare, la contestazione avanzata dall’Ufficio si fondava sulla documentazione trasmessa all’Amministrazione finanziaria dal concessionario, comprendente, oltre all’informativa, i tabulati relativi ai compensi asseritamente percepiti dal gestore. Ciò giustificava la contestazione di un maggior reddito diverso, quale provento derivante da obbligazioni di fare, poiché la mera installazione di apparecchi per il gioco non configurava, da sola, attività d’impresa. Il contribuente impugnava l’atto impositivo davanti all’autorità giurisdizionale eccependo, tra l’altro, la nullità dell’atto impositivo per vizio di motivazione derivante dalla mancata allegazione sia dell’informativa, sia del tabulato riportante i compensi asseritamente percepiti dal gestore. Resisteva l’Ufficio, ma ometteva di produrre in giudizio i documenti richiamati nell’atto impositivo notificato.

Il collegio ha accolto le doglianze del contribuente. La Ctp ha ricordato che, a mente dell’articolo 7 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), se nella motivazione si fa riferimento ad un atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Di poi, il collegio toscano ha richiamato il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cassazione 4176/2018) che sanziona con la nullità dell’atto la violazione dell’articolo 7. In particolare, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da atti o documenti, a condizione, però, che questi siano allegati all’atto notificato, ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente in conseguenza di una precedente notificazione.

Sul presupposto della mancata realizzazione, nella fattispecie concreta, di alcuna delle condizioni legittimanti la motivazione per relationem, il collegio ha rilevato il difetto di motivazione. La Ctp ha inoltre ricordato che la carenza di motivazione si riverbera altresì sul piano della prova dei compensi percepiti, posto che il materiale acquisito agli atti di causa era carente dei documenti che avrebbero dovuto dimostrare l’esistenza della pretesa tributaria e l’entità dei compensi che si assumevano essere stati percepiti. Su queste basi, la Ctp ha accolto il ricorso, compensando le spese di lite.

Fermo restando che l’avviso di accertamento emesso in difetto di motivazione o in carenza di prove a supporto della pretesa tributaria è egualmente illegittimo, occorre ricordare che la motivazione e la prova sono aspetti ben distinti, seppur fortemente connessi. La motivazione è un requisito essenziale dell’avviso di accertamento: cosicché, la sua carenza ridonda in vizio dell’atto e determina, in sede processuale, la declaratoria di invalidità del provvedimento impugnato, senza possibilità di integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto (divieto di motivazione postuma). L’atto di accertamento è quindi ab origine viziato da nullità. All’opposto, in presenza di una contestazione in punto di fondatezza sostanziale della pretesa impositiva, l’Amministrazione finanziaria ben potrà offrire, per la prima volta in sede giudiziale, elementi di prova attinenti a fatti già richiamati nella motivazione dell’avviso di accertamento impugnato. Pertanto, la produzione di documenti in sede processuale (se del caso anche nel corso del giudizio di impugnazione), potrà sì colmare il difetto di prova, ma non sarà comunque in grado di integrare la carenza di motivazione che affligge irreparabilmente l’atto impositivo.

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