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Sugli extraprofitti scelta irragionevole: il nuovo prelievo si somma al vecchio

Con il contributo che si applicherà dal 2023 sanate alcune incongruenze per il settore energetico ma non si superano tutti i dubbi di legittimità del vecchio prelievo

di Livia Salvini

Le modifiche della commissione Bilancio al Ddl di conversione del Dl 176/2022 (Aiuti quater) paiono delineare un quadro definitivo del contributo straordinario sugli extraprofitti del settore energetico, nella versione già vigente per il 2022 e nella nuova versione applicabile nel 2023, confermando – dopo alcune incertezze – un quadro andato delineandosi negli ultimi giorni.

In sintesi: il nuovo contributo è costruito, liberamente ispirandosi a quello del Regolamento Ue 1854/2022, come sovraimposta Ires che colpisce gli stessi soggetti passivi del vecchio e una base imponibile calcolata sugli extraprofitti 2022, già (nelle intenzioni del legislatore) colpiti dal vecchio; quest'ultimo è modificato in alcuni aspetti, nel tentativo - da un lato - di eliminare alcuni dei principali difetti della originaria versione (società multiutilities, operazioni straordinarie) e – dall'altro – di legittimare per legge la (errata) soluzione data dalla prassi amministrativa (circolare 25/E 2022) alla questione della territorialità del tributo.

Il nuovo contributo diverge in modo importante da quello del Regolamento nell'individuazione dei soggetti passivi. La logica della tassazione dei sovraprofitti nel panorama internazionale è che essi si manifestano nell'upstream petrolifero (estrazione, raffinazione) perché proprio qui si realizzano gli utili “piovuti dal cielo” rivendendo all'elevato prezzo di mercato le materie energetiche estratte o prodotte. L’Italia ha invece scelto di tassare anche i sovraprofitti da attività downstream: scelta non illegittima (il Regolamento non preclude un ampliamento del novero dei soggetti passivi), sempreché le modalità di determinazione della base imponibile (in particolare, la bassa franchigia del 10% dei maggiori utili 2022 rispetto alla media 2018-2021) siano davvero idonee a cogliere i sovraprofitti del settore, cosa di cui si potrebbe dubitare.

Molto opportuno è stato invece abbandonare la improvvisata e illegittima, sotto diversi profili, determinazione dell’imponibile del vecchio contributo, basata sulle Lipe, e farne, secondo il modello Ue, una sovraimposta sul reddito Ires.

Il nuovo contributo tenta di superare le diffuse critiche sulla natura espropriativa del vecchio, prevedendo che esso non può comunque eccedere il 25% del valore del patrimonio netto 2021, il che potrebbe effettivamente a prima vista considerarsi idoneo al fine. Ma ciò che il legislatore non sembra (incredibilmente) aver considerato è che il nuovo contributo si cumula col vecchio: ambedue, ognuno a suo modo, colpiscono una base imponibile riferita all'esercizio 2022. Dato che in molti casi il vecchio contributo aveva già natura espropriativa e che il nuovo (sia pure con la sua autonoma soglia massima del 25% del patrimonio) si aggiunge a esso, pare evidente che le ragioni di censura già da molti formulate troveranno nuovo vigore, rischiando di travolgere l'intera disciplina. Tanto più che c’è un ulteriore effetto perverso: il vecchio contributo non è deducibile ai fini Ires. Quindi il nuovo (anch'esso indeducibile, ma ciò è giustificato dalla sua sostanziale natura di imposta sul reddito) tassa un ipotetico sovraprofitto 2022 che contiene in sé anche l'ammontare indeducibile del vecchio contributo. Sembra difficile immaginare un meccanismo più illogico ed illegittimo di questo.

Quanto alle modifiche alla disciplina del vecchio contributo, è molto interessante quella per cui non concorrono a formare l’imponibile le operazioni attive non soggette ad Iva perché prive del presupposto territoriale, «se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'Iva». Il recepimento normativo di questa regola, creata dalla prassi amministrativa, ne legittima la fonte, ma non ne riconduce a razionalità il contenuto: la sua illogicità si manifesta sotto più profili, dei quali forse il più rilevante è che la base imponibile del contributo non si fonda sulla simmetria tra operazioni passive e attive (nelle Lipe di riferimento possono esserci gli acquisti, ma non le relative vendite; e viceversa).

In conclusione, le modifiche al vecchio contributo non hanno sanato la maggior parte dei suoi tanti profili di illegittimità e probabilmente ne hanno aggiunti sulla territorialità. Il nuovo contributo, più razionale in quanto applicato sull'imponibile Ires, si cumula e si combina in modo irragionevole. Meglio sarebbe stato abrogare, coraggiosamente, il contributo originario ed applicare il nuovo (con una più oggettiva determinazione dell'extraprofitto e una più moderata aliquota) per 2022 e 2023.