Il CommentoControlli e liti

Sui giudici tributari bisogna ragionare anche in termini di risultato

La concorsualizzazione piatta del reclutamento del “magistrato tributario” è una risposta che non comunica con la realtà e si palesa come inidonea a realizzare gli obiettivi della riforma

di Enrico De Mita

La vigenza formale di una legge (16 settembre per la legge n. 130 del 31 agosto 2022) esprime, in senso giuridico e amministrativo, quella capacità di vita e sviluppo di un organismo vivo. Questo organismo vale non solo 60 miliardi di euro. Esso costruisce la credibilità internazionale del sistema nazionale.

Nel caso della giurisdizione tributaria la sfida raccolta attiene proprio all’amministrazione della giustizia, con l’introduzione, per la prima volta, di una magistratura specializzata. Certo l’elisione totale del ruolo dei giudici cosiddetti «non togati» è frutto di una distorsione cognitiva del riformatore che al più presto deve essere rimeditata, per non sprecare un patrimonio professionale e umano che, in questi ultimi trent’anni, ha dato copertura ad un servizio di giustizia interessato da alti profili tecnici e di settore.

La nota di commento all’approvazione definitiva della riforma della giustizia tributaria segna un obiettivo realizzabile solo investendo convintamente nelle persone: giudici e organici di cancelleria.

Ciò vale, in generale, per l’accesso alle risorse del Pnrr, dimostrando che abbiamo cambiato radicalmente impostazione e lasciato alle spalle quell’inefficienza e inadeguatezza che rappresentano la violazione costante dell’articolo 97 della Costituzione.

Non basta riproporre ciclicamente la cancellazione delle cause attraverso la definizione agevolata: le liti non vanno “tagliate”, vanno decise. In tal modo il contribuente può comprendere la forza legale e la necessità della tassazione come “contribuzione” e assolvimento di un dovere inderogabile di solidarietà.

Allora, investendo sugli organici di giudici e cancellerie, si evita il consolidarsi dell’arretrato e, prima ancora, si evita il formarsi dell’arretrato. Sembra un punto di partenza, e, a distanza di 30 anni dai decreti delegati, rappresenta un approdo di ripartenza.

Abbiamo vissuto più volte la difficoltà anche solo di esporre i numeri dell’arretrato ad increduli colleghi esteri, per numeri totalmente distonici rispetto agli altri Stati dell’Ue.

Infatti per «sostenere l’intero sistema Paese in termini di competitività e richiamo degli investitori esteri», il nodo giudici e organici è decisivo. Rappresenta l’unica via per dare alle Commissioni tributarie provinciali e regionali la nuova sostanza, oltre che forma, di Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado.

La riforma, come abbiamo già apprezzato, introduce un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria a seguito di concorso per esami che dovrà portare, nel 2027, alla cessazione dall’incarico all’età di 70 anni.

Degli attuali giudici tributari togati cento giudici potranno essere acquisiti in via definitiva e a tempo pieno alla giustizia tributaria. Invece, la sorte dei giudici attuali «non togati», in forza al 1° gennaio 2022, è affidata alla riserva del 30% dei posti a concorso nei primi tre bandi per l’assunzione di magistrati tributari. La modalità della riserva a favore dei giudici cosiddetti «non togati» non coglie per nulla il pieno interesse del legislatore alla celerità e all’efficienza.

L’esperienza accumulata ben può essere valorizzata con la modalità di un corso-concorso che certifichi il passaggio nel nuovo ruolo professionale degli attuali giudici non togati, provenienti dalle professioni e quindi già muniti di una competenza vagliata da procedure d’esame.

Uno degli obiettivi primari è comprimere quanto più possibile i tempi della fase transitoria della riforma – di aspettativa di giustizia – che si preannuncia farraginosa e lenta, non coerente con gli obiettivi di competitività e attrattività del «sistema Paese», secondo una semplificazione assai ripetuta, che Mef e Giustizia hanno richiamato.

Stante questa carente rappresentazione, nell’intento di attuare la finalità strategica è richiesto l’immediato intervento del legislatore sulle modalità di reclutamento dei nuovi giudici, oltre che sul rafforzamento degli organici delle cancellerie – termine che qui utilizziamo volutamente – delle nuove Corti di giustizia tributaria. Ciò è necessario per passare da una prognosi di fallibilità ad una di fattibilità della riforma.

La riforma astratta è stata licenziata. Ora la riforma concreta, arricchita dalle osservazioni di chi vive funzione e prassi delle attuali Commissioni, parla direttamente alla funzione legislativa per gli aggiustamenti decisivi dai quali dipende il miglioramento e l’entrata a regime delle modifiche.

La concorsualizzazione piatta del reclutamento del “magistrato tributario” è una risposta che non comunica con la realtà e si palesa come inidonea a realizzare gli obiettivi della riforma, così alti da apparire lontanissimi, almeno ora.

Si vedano – anche i riformatori del nuovo Parlamento – le rassegne di giurisprudenza tributaria per rendersi conto del patrimonio rappresentato dai giudici «non togati». Si riveda la norma sul reclutamento con un percorso razionale a ritroso: immaginare una data in cui la riforma deve essere pienamente a regime e da quella calcolare i tempi per gli atti intermedi da predisporre per tale finalità. In altre parole ragionare in termini di risultato e non solo di predisposizione di mezzi.