Sull’esenzione Imu ancora tante le questioni aperte
Va chiarito se il Dl 146 ha portata retroattiva e se le sanzioni sono disapplicabili
Con l’articolo 5-decies del decreto legge 146/2021, che modifica l’articolo 1, comma 741, lettera b), della legge 160/2019, si è risolta la questione dell’agevolazione Imu per l’abitazione principale per il possessore e i componenti del nucleo familiare che abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi, in Comuni diversi, attraverso la scelta che potrà essere operata dal possessore o componenti del nucleo familiare a partire dal 2022.
Ciò nonostante, restano molte questioni aperte che riguardano, in sintesi:
1 la retroattività o meno dell’articolo 5-decies del Dl 146/2021 che, ad oggi, pare da escludersi (come evidenziato nel corso di Telefisco), sebbene non si veda proprio come disconoscerla, visto il vulnus normativo esistente, le tante oscillanti interpretazioni di dottrina e giurisprudenza, e il fine dichiarato della novella di dipanare le diseguaglianze e le disparità di trattamento esistenti tra immobili situati nello stesso comune o in comuni diversi;
2 l’onere della prova sui fatti costitutivi dell’Imu accertabile in capo ai Comuni che prima di emanare gli avvisi di accertamento dovrebbero poter verificare se, nei casi di scelta su un immobile in un dato Comune da parte di un coniuge, l’altro coniuge, residente altrove ma dimorante con il primo e altri componenti del nucleo familiare per la maggior parte dell’anno, ha pagato o meno l’Imu (si potrebbe indicare il pagamento in dichiarazione Imu ma, allo stato, questa è ultrattiva e non va presentata di anno in anno);
3 l’onere della prova contraria a carico del possessore e altri componenti del nucleo idonea a superare il dato (formale) della diversa residenza anagrafica, in caso di possesso di una dimora abituale del nucleo familiare per la maggior parte dell’anno (bollette delle utenze, contratti di lavoro propri e/o dei figli o altri componenti eccetera), di non sempre facile raccolta ed esibizione, soprattutto se riferiti ad anni addietro;
4 la disapplicazione delle sanzioni (ex articolo 10, comma 3 della legge 212/2000, articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/92, articolo 8, comma 6 del Dlgs 546/92), per obiettiva incertezza della norma applicabile ante novella (articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011, post modifiche dell’articolo 4 del Dl 16/2012 e, di seguito, dell’ articolo 1, comma 741, lettera b), della legge 160/2019) che, a dispetto del tenore letterale (immobili di coniugi non separati ubicati nello stesso Comune), ha visto dapprima una più rigorosa e stringente interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità (nessuna esenzione: ordinanze 4166/2020 e 4170/2020); di seguito la formulazione di questione di illegittimità costituzionale (Ctp Napoli e Ctr Liguria); e successivamente un’interpretazione già più aperta e inclusiva della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale (ordinanza 17408/2021). La disapplicazione potrebbe richiedersi anche invocando la tutela dell’affidamento (articolo 10, comma 2 della legge 212/2000) visto che la prima apertura alla possibilità di opzione per gli immobili ubicati in comuni diversi era stata fornita dallo stesso ministero dell’Economia e finanze(circolare 3/DF del 18 maggio 2012).
Ma, a ben vedere, c’è un altro tema rilevante, non affrontato dalla novella, che riguarda la nozione di nucleo familiare applicabile ai fini Imu che si innesta, in via dirimente, anche sulla vicenda delle coppie di fatto. Non è certo facile trovare una soluzione, dovendosi certamente salvaguardare il diritto dei contribuenti, in condizioni di parità di trattamento, di fruire dell’agevolazione, ma anche il dovere degli enti locali di reprimere condotte elusive (per fittizie residenze); ma se il legislatore non provvede, non può che prevalere un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme vigenti.
Valga allora riflettere sul fatto che sono molto lontani i tempi in cui il nucleo familiare aveva una struttura monolitica e si riuniva presso lo stesso tetto coniugale. Sono oggi molto più numerose le coppie che scelgono - o sono costrette a vivere - famiglie “mobili”, “atipiche”, “allargate”.
Molti giovani (e non solo) non sono in grado, o non vogliono, “metter su famiglia” in senso tradizionale, scelgono o sono costretti a stare lontano dai propri Comuni di residenza e dai propri familiari, ma non per questo non posseggono una dimora, una “casa delle coccole” - per indicare in modo colorito il concetto - dove si radicano i bisogni e gli affetti del “nucleo famiglia” formato dalla coppia di fatto e/o dai propri o altrui figli che pur non coabitando, stabilmente, è sempre da considerarsi una famiglia, a volte anagrafica (previa istanza la Comune) o anche non anagrafica e che, per di più, viene utilizzata, a volte, anche per favorire i contribuenti a fini fiscali (si pensi allo spesometro, o altri meccanismi presuntivi che si basano sul tenore di vita valutabile con l’apporto di conviventi stabili).
Il problema non è stato disciplinato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021 che pur avendo eliminato la disparità di trattamento del possesso di immobili ubicati nello stesso Comune o in Comuni diversi riguarda solo i coniugi non separati legalmente (e al più le “unioni civili”) ma non “copre” le potenziali analoghe situazioni di partenza di coppie di fatto/nucleo familiare per le quali, ad oggi, resta una discriminazione “doppia e contraria” nel senso di una possibile fruizione di una “doppia esenzione”, nonostante una delle abitazioni costituisca, per la maggior parte dell’anno, pur in assenza di convivenza stabile, dimora familiare (la casa delle coccole), o di doppia esclusione, non rientrando la coppia di fatto “famiglia” tra i destinatari dell’agevolazione.
Una soluzione immediata potrebbe essere quella di assimilare alla nozione di abitazione principale quella eletta dalle coppie di fatto, non “unite civilmente”, come dimora abituale del nucleo familiare, secondo un concetto innovativo di “famiglia fiscale” (allargata) che semmai riordini e inglobi i tanti casi di nucleo familiare valido ai fini di altri benefici (reddito di cittadinanza, Isee eccetera); assimilazione che del resto, di recente è stata disposta per altre fattispecie (articolo 1, commi 741, lettera c), da 1 a 6, della legge 160/2019) “incluse” (immobili di soci o studenti di cooperativa indivisa, forze armate, casa familiare a coniuge affidatario), o “escluse” (unità possedute da residenti all’estero, iscritti all’Aire, già pensionati) dalla nozione.
Una soluzione alternativa ma che sarebbe, comunque opportuna, potrebbe essere quella di prevedere un procedimento “dedicato” alla concessione dell’agevolazione (Imu o altri tributi) previa dichiarazione/autodichiarazione dei componenti del nucleo familiare ai fini della spettanza del beneficio (sempre e solo) per “un’unica” abitazione familiare, e/o nei casi dubbi, previa istanza di interpello ex articolo 11, comma 2, della legge 212/2000 se, come deve ritenersi, l’articolo 1, comma 741, della legge 160/2019 post novella mantiene una ratio antielusiva.
Ciò favorirebbe un auspicabile contraddittorio preventivo obbligatorio (che si aspetta dai lavori della commissione interministeriale sulla riforma del processo) per meglio stabilire se, in ciascuna fattispecie concreta, ricorrano (o meno) le istanze che possono/devono provenire da ogni “nucleo familiare” previa istruttoria sulle effettive ragioni della “vicinanza/lontananza” dei coniugi, o dei componenti delle coppie di fatto, unite o meno civilmente, rispetto al dato formale della residenza anagrafica; procedimento virtuoso che eliminerebbe molti casi di conflittualità, potrebbe ridurre il contenzioso e certamente favorirebbe la giusta imposizione.
Molti giovani (e non solo) non sono in grado, o non vogliono, “metter su famiglia” in senso tradizionale, scelgono o sono costretti a stare lontano dai propri Comuni di residenza e dai propri familiari, ma non per questo non posseggono una dimora, una “casa delle coccole” - per indicare in modo colorito il concetto - dove si radicano i bisogni e gli affetti del “nucleo famiglia” formato dalla coppia di fatto e/o dai propri o altrui figli che pur non coabitando, stabilmente, è sempre da considerarsi una famiglia, a volte anagrafica (previa istanza la Comune) o anche non anagrafica e che, per di più, viene utilizzata, a volte, anche per favorire i contribuenti a fini fiscali (si pensi allo spesometro, o altri meccanismi presuntivi che si basano sul tenore di vita valutabile con l’apporto di conviventi stabili).
Il problema non è stato disciplinato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021 che pur avendo eliminato la disparità di trattamento del possesso di immobili ubicati nello stesso Comune o in Comuni diversi riguarda solo i coniugi non separati legalmente (e al più le “unioni civili”) ma non “copre” le potenziali analoghe situazioni di partenza di coppie di fatto/nucleo familiare per le quali, ad oggi, resta una discriminazione “doppia e contraria” nel senso di una possibile fruizione di una “doppia esenzione”, nonostante una delle abitazioni costituisca, per la maggior parte dell’anno, pur in assenza di convivenza stabile, dimora familiare (la casa delle coccole), o di doppia esclusione, non rientrando la coppia di fatto “famiglia” tra i destinatari dell’agevolazione.
Una soluzione immediata potrebbe essere quella di assimilare alla nozione di abitazione principale quella eletta dalle coppie di fatto, non “unite civilmente”, come dimora abituale del nucleo familiare, secondo un concetto innovativo di “famiglia fiscale” (allargata) che semmai riordini e inglobi i tanti casi di nucleo familiare valido ai fini di altri benefici (reddito di cittadinanza, Isee eccetera); assimilazione che del resto, di recente è stata disposta per altre fattispecie (articolo 1, commi 741, lettera c), da 1 a 6, della legge 160/2019) “incluse” (immobili di soci o studenti di cooperativa indivisa, forze armate, casa familiare a coniuge affidatario), o “escluse” (unità possedute da residenti all’estero, iscritti all’Aire, già pensionati) dalla nozione.
Una soluzione alternativa ma che sarebbe, comunque opportuna, potrebbe essere quella di prevedere un procedimento “dedicato” alla concessione dell’agevolazione (Imu o altri tributi) previa dichiarazione/autodichiarazione dei componenti del nucleo familiare ai fini della spettanza del beneficio (sempre e solo) per “un’unica” abitazione familiare, e/o nei casi dubbi, previa istanza di interpello ex articolo 11, comma 2, della legge 212/2000 se, come deve ritenersi, l’articolo 1, comma 741, della legge 160/2019 post novella mantiene una ratio antielusiva.
Ciò favorirebbe un auspicabile contraddittorio preventivo obbligatorio (che si aspetta dai lavori della commissione interministeriale sulla riforma del processo) per meglio stabilire se, in ciascuna fattispecie concreta, ricorrano (o meno) le istanze che possono/devono provenire da ogni “nucleo familiare” previa istruttoria sulle effettive ragioni della “vicinanza/lontananza” dei coniugi, o dei componenti delle coppie di fatto, unite o meno civilmente, rispetto al dato formale della residenza anagrafica; procedimento virtuoso che eliminerebbe molti casi di conflittualità, potrebbe ridurre il contenzioso e certamente favorirebbe la giusta imposizione.