Il CommentoImposte

Sulle tasse vietato interpretare

Nell’applicazione dell’imposta di registro si deve prescindere dagli elementi «extratestuali»

di Enrico De Mita

La Corte Costituzionale, con la sentenza 158/2020 (vedi l’articolo su Nt+Fisco), ha ribadito in modo inequivocabile la corretta applicazione dell’articolo 20 del Testo Unico registro: nell’interpretare l’atto presentato a registrazione, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, si deve prescindere dagli elementi «extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi».

Sull’articolo 20 Tur e sulle modifiche 2017-2018 si è quasi combattuta una battaglia di frontiera.

Con la legge 205/17 sembrava chiaro che l’interprete dovesse prescindere dagli elementi extratestuali e dagli atti collegati.

Ma il presunto monolitico orientamento della Cassazione (ordinanza 23549/19), ci aveva messo del suo a rileggere la modifica in chiave innovativa, quindi rigorosamente non retroattiva.

A miglior chiarimento è intervenuto il legislatore con l’articolo 1, comma 1084 della legge 145/2018 (legge di Bilancio 2019), prevedendo che la norma del 2017 costituisse interpretazione autentica. Nel frattempo l’atteggiamento degli uffici non era cambiato.

La funzione accertativa-liquidativa veniva esercitata come se nulla fosse, in altre parole ignorando il legislatore.

Con l’ordinanza di remissione della Cassazione 23549 del 2019, la Corte chiariva che il legislatore non può essere ignorato – di grazia – ma semplicemente è pervenuto ad una disciplina sospetta di incostituzionalità, per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione. Si trattava di una lettura del tutto infondata; e l’avevo sottolineato subito.

La sentenza 158/2020 ha fatto, finalmente, ordine, ambientando la novella legislativa nella più complessa sistematica del tributo del registro.

Quello che la Corte ci ha detto in modo elegantemente sotteso e giuridicamente assai raffinato, è che l’articolo 23 della Costituzione non ammette creazioni, in sede interpretativa, di presupposti d’imposta attinti da elementi «extra-testuali» né, tantomeno, da elementi «meta-testuali» (espressione, quest’ultima, dell’ordinanza n. 23549/19) o da collegati negoziali.

L’interpretazione impositiva, ad oggi, non è consentita dalla nostra Costituzione.

Il legislatore, con la tassatività e predeterminazione impositiva, rimane centrale e non può essere consapevolmente messo da parte dai responsabili dell’accertamento dell’imposta, siano essi il contribuente, l’amministrazione fiscale, il giudice.

Gli effetti giuridici tassabili (traslativi o dichiarativi) dell’atto, presentato alla registrazione, devono essere individuati in base al contenuto e alle disposizioni di esso, secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico, «senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori, salvo che ciò sia espressamente stabilito dalla stessa disciplina del testo unico».

Gli atti devono essere tassati secondo il loro preciso significato giuridico.

Le ricadute pratiche della pronuncia sono di primo rilievo. Essa consente di fissare i seguenti punti fermi:
1. Gli interventi del legislatore del 2017 e il successivo del 2018 sull’articolo 20 si devono applicare retroattivamente;
2. L’articolo 20 non ha funzione anti-elusiva, ma di questo anche la Cassazione non dubita;
3. La norma dell’articolo 10-bis legge 212/2020 deve essere applicata con le garanzie ivi previste: l’amministrazione finanziaria non può operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, stabilita a favore del contribuente;
4. L’articolo 37-bis Dpr 600/73 non può applicarsi alle imposte indirette e al di fuori dei casi previsti;
5. La pianificazione fiscale è legittima, oltre che pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione europea: l’amministrazione finanziaria non può svincolarsi dal riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale.

L’intervento della Corte costituzionale, nel restituire ampia dignità alla riserva di legge nel diritto tributario, è destinata ad avere un forte impatto sul contenzioso in essere, facendo necessariamente cadere tutte le contestazioni fondate sulla presunta concatenazione obiettiva di atti ante 1° gennaio 2016.

Inoltre – si auspica – può portare ad un esercizio meditato della funzione di accertamento e liquidazione generale da parte degli uffici e, d’altra parte, alla fine non solo delle deviazioni creatrici dell’amministrazione finanziaria, ma pure del «soccorso giurisprudenziale» a tali deviazioni.