Diritto

Telefisco 2025, le risposte delle Entrate sulla crisi d’impresa

Pubblichiamo le risposte dell’agenzia delle Entrate in tema di crisi d’impresa rese note a Telefisco 2025 del 5 febbraio.

Concordato preventivo e dichiarazione Iva

Atteso il disposto degli artt. 96 e 155 CCII, l’ammissione al concordato preventivo produce necessariamente, ai fini dell’Iva, una distinzione in due segmenti dell’anno nel corso del quale il tribunale dispone l’ammissione dell’impresa debitrice alla procedura, dando luogo a due distinti risultati. Come si riflette tale segmentazione sulla redazione della dichiarazione annuale Iva, visto che per il concordato preventivo la modulistica non ne tiene conto, a differenza di quella relativa alla liquidazione giudiziale?

L’articolo 8 del dPR n. 322 del 1998 dispone al comma 4 che, «4. In caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, la dichiarazione relativa all’imposta dovuta per l’anno solare precedente, sempreché i relativi termini di presentazione non siano ancora scaduti, è presentata dai curatori o dai commissari liquidatori con le modalità e i termini ordinari di cui al comma 1 ovvero entro quattro mesi dalla nomina se quest’ultimo termine scade successivamente al termine ordinario. Con le medesime modalità e nei termini ordinari, i curatori o i commissari liquidatori presentano la dichiarazione per le operazioni registrate nell’anno solare in cui è dichiarato il fallimento ovvero la liquidazione coatta amministrativa. Per le operazioni registrate nella parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa è anche presentata, in via telematica ed entro quattro mesi dalla nomina, apposita dichiarazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate ai fini della eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale.». Gli attuali modelli dichiarativi risultano, dunque, conformi alla norma innanzi richiamata, che dispone l’obbligo di presentare una specifica dichiarazione concernente le operazioni effettuate nella prima parte dell’anno solare anteriore alla apertura della procedura concorsuale, con specifico riferimento al fallimento (rectius liquidazione giudiziale) e alla liquidazione coatta amministrativa, e non anche al concordato preventivo.

Doveri d’indagine del terzo pignorato in qualità di sostituto d’imposta

Con riferimento agli obblighi gravanti sul terzo pignorato in qualità di sostituto d’imposta ai sensi dell’art. 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in considerazione dell’esigenza di semplificazione e dell’assenza di obblighi d’indagine a carico del sostituto circa la qualificazione reddituale del credito, più volte sottolineate nei documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria (cfr. tra gli altri Circ. 8/E del 2 marzo 2011, risposta a interpello n. 13/2021), si chiede se il terzo pignorato possa legittimamente non operare la ritenuta d’acconto sulla base della mera dichiarazione, resa ai sensi degli artt. 47 e 76 del DPR n. 445 del 2000, con cui il debitore affermi che la somma da erogare non vada assoggettata alla ritenuta alla fonte, senza specificare la natura del credito né eventuali norme giuridiche di esenzione.

Si chiede inoltre di precisare se il sostituto d’imposta sia sempre tenuto a richiedere al creditore procedente di fornire documentazione, ulteriore rispetto alla dichiarazione resa ai sensi degli artt. 47 e 76 del DPR n. 445 del 2000, comprovante le ragioni di esenzione da ritenuta, qualora le informazioni contenute in detta dichiarazione siano incoerenti con quelle desumibili dalla documentazione in possesso del sostituto (ad es., estratti di sentenza, atti processuali, procure, etc.), come sembra evincersi da alcuni pronunciamenti di prassi (ad es., Ris. n. 35/E del 2019, risposta a interpello n. 9/2018, risposta a interpello n. 286/2022).

Ove il terzo pignorato fosse tenuto a tale supplemento istruttorio, si chiede di sapere come esso debba comportarsi in ipotesi di mancata collaborazione del creditore procedente o del suo avvocato entro i termini perentori previsti per il pagamento e, segnatamente, se si debba dare prevalenza alla dichiarazione resa dal debitore o alle diverse risultanze documentali.

Come chiarito nella Circolare 2 marzo 2011, n. 8/E, l’articolo 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ha previsto l’applicazione di una ritenuta in misura fissa al fine di mettere il terzo in condizione di effettuare l’adempimento senza dover svolgere indagini sulla tipologia del reddito erogato; l’esigenza di semplificazione, che risponde a quella dell’erario di dare effettiva attuazione al prelievo, comporta che il terzo non sia tenuto a svolgere indagini per verificare se le somme debbano o meno subire la ritenuta. E’ onere del creditore dimostrare che tali somme attengono ad ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata, restando inteso che altrimenti il terzo provvederà ad applicarla

Pertanto, il terzo pignorato è tenuto ad operare la ritenuta d’acconto qualora con la dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 47 e 76 del d.P.R. n.445 del 2000, il creditore pignoratizio attesti che la somma da erogare non vada assoggettata alla ritenuta alla fonte, senza specificare la natura del credito né eventuali norme giuridiche dell’esenzione.

Difatti, come chiarito dal citato atto di prassi, è onere del creditore dimostrare che le somme attengono ad ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata, restando inteso che altrimenti il terzo provvederà ad applicarla.

Qualora le informazioni contenute nella dichiarazione resa ai sensi degli articoli 47 e 76 del d.P.R. n. 445 del 2000 siano incoerenti con quelle desumibili dalla documentazione in possesso del sostituto, quest’ultimo richiede al creditore pignoratizio ulteriore documentazione. In assenza di un riscontro da parte del creditore, il terzo provvede applicando la ritenuta (chiarimenti in tal senso sono stati forniti con la risposta a interpello del 23 novembre 2022, n. 570).

Terzo pignorato in qualità di sostituto d’imposta e rettifica della dichiarazione del debitore dopo il pagamento

Con riferimento agli obblighi gravanti sul terzo pignorato in qualità di sostituto d’imposta ai sensi dell’art. 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, si chiede di precisare come esso debba comportarsi in caso di rettifica della dichiarazione del creditore procedente in un momento successivo al pagamento ovvero di presentazione della stessa dopo l’avvenuto pagamento del credito oggetto di pignoramento eseguito entro il termine perentorio.

Segnatamente si chiede se, nel caso in cui il creditore procedente dichiari – successivamente al pagamento da parte del terzo pignorato – che la somma non doveva essere assoggettata a ritenuta, il sostituto d’imposta sia tenuto a restituire l’importo corrispondente alla ritenuta già operata (ed eventualmente già versata) oppure se sia onere del creditore attivarsi per richiedere il rimborso del prelievo indebitamente subito.

In caso di rettifica della dichiarazione del creditore pignoratizio in un momento successivo al pagamento del credito sul quale è stata effettuata la ritenuta a titolo d’acconto da parte del terzo pignorato, ovvero di presentazione della stessa dopo l’avvenuto pagamento del credito oggetto di pignoramento, resta ferma la legittimità della ritenuta applicata dal terzo pignorato.

In particolare, nel caso specifico in cui il creditore dichiari successivamente al pagamento da parte del terzo pignorato, che la somma non doveva essere assoggettata a ritenuta, sarà onere del creditore attivarsi per chiedere il rimborso del prelievo, ai sensi del secondo comma dell’articolo 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©