Terzo settore, l’organo di controllo vigila sul rischio per la «231»
Anche gli enti non profit tra i soggetti a rischio per la «231». I decreti di riforma del Terzo settore richiamano espressamente la disciplina del Dlgs 231/2001 tra gli aspetti su cui dovrà vigilare l’organo di controllo interno dell’ente (articolo 30, comma 6, del Dlgs 117/2017 e articolo 10, comma 2, del Dlgs 112/2017), per cui sarà opportuno valutare se e come adeguarsi alle relative prescrizioni.
Il decreto 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo regime di responsabilità amministrativa degli enti, per determinati reati commessi, nell’interesse o a vantaggio degli stessi, dalle persone fisiche che rappresentano l’ente o che operano per esso (dirigenti, dipendenti in posizione apicale, amministratori); consentendo tuttavia all’ente di “liberarsi” da questa responsabilità adottando specifiche cautele. Per evitare le conseguenze dannose dei reati commessi dai suoi vertici (sanzioni pecuniarie, confisca, eccetera), infatti, l’ente potrà dotarsi di un modello di organizzazione e gestione (Mog) idoneo a prevenire i reati disciplinati dal Dlgs 231/2001, sul cui funzionamento dovrà vigilare un organismo appositamente individuato, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
La normativa si rivolge sia ai soggetti profit che agli enti non commerciali (con o senza personalità giuridica), come associazioni, fondazioni, cooperative sociali; e, anche se tecnicamente non pone alcun onere di adeguamento, in alcuni casi, l’adozione dei «modelli 231» si pone quasi come una scelta obbligata per l’ente. Sempre più di frequente enti pubblici ed istituzioni richiedono ai propri interlocutori di essere in regola con il Mog, impedendo ad esempio a chi non lo sia la partecipazione a gare di appalto o l’accesso a contributi pubblici. Un’esplicita raccomandazione in tal senso, inoltre, è arrivata dall’Autorità nazionale Anticorruzione (delibera 32/2016), che, tra i requisiti che le stazioni appaltanti dovranno verificare per l’affidamento in gestione dei servizi sociali ad enti del Terzo settore, ha individuato proprio l’osservanza delle disposizioni del Dlgs 231/2001.
Gli adempimenti da porre in essere variano a seconda del tipo di ente: più è complessa l’articolazione e l’organizzazione dell’ente, più alti sono i rischi di illeciti e, di conseguenza, più incisivo deve essere il sistema di controllo adottato per prevenire detti rischi. Si pensi a realtà particolarmente strutturate, che gestiscono patrimoni di valore importante (come i musei) o che movimentano ingenti quantità di denaro (come i soggetti che operano nell’ambito della raccolta fondi), le quali sono maggiormente esposte a frodi o riciclaggio. Analogamente, coloro che intrattengono prevalentemente rapporti con la Pa, sono a forte rischio di corruzione o truffe per il conseguimento di fondi pubblici.
Il primo step obbligatorio per tutti è la verifica dell’esposizione al rischio: nell’ambito della diligenza richiesta nello svolgimento del proprio incarico, gli amministratori devono valutare quali sono i possibili rischi a cui si espone l’ente e se l’organizzazione è adeguata per prevenire gli stessi. Qui potrebbero fermarsi gli enti più piccoli, ai quali basterà monitorare periodicamente i rischi per verificare se siano accettabili rispetto alla propria struttura organizzativa.
Laddove i rischi siano ritenuti rilevanti, invece, l’organo amministrativo dovrà predisporre un apposito Mog, il cui contenuto dipende da fattori variabili come la dimensione dell’ente, l’attività svolta, il sistema di controllo interno adottato. Tale modello dovrà individuare le attività più sensibili alla commissione di reati e i protocolli da adottare per prevenire gli stessi, nonché le sanzioni disciplinari per chi non si attiene al modello. Inoltre, bisognerà garantire un’informazione continua nei confronti dell’organismo deputato alla vigilanza del modello, che nel caso degli enti del Terzo settore viene individuato nell’organo di controllo.