Il CommentoDiritto

Transazione fiscale confermata dal nuovo codice della crisi

Permane la resistenza degli uffici dell’amministrazione a fornire il consenso

di Lorenzo Galeotti Flori

L’istituto della transazione fiscale nella disciplina concorsuale è stato introdotto per la prima volta dall’articolo 146 del Dlgs 5/2006. In seguito all’introduzione della transazione fiscale nella disciplina della crisi d’impresa si sono, in vigenza della legge fallimentare, susseguiti vari interventi normativi:

nel 2008 è stata confermata la non falcidiabilità dell’Iva;

nel 2011 l’applicazione della transazione fiscale è stata estesa all’imprenditore agricolo;

nel 2016 la normativa nazionale è stata allineata al contesto interpretativo giurisprudenziale comunitario in relazione alla possibilità di falcidiare anche i debiti Iva e alle ritenute operate e non versate, con il limite della quota realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione;

nel 2020 è stato introdotto il cosidetto “trascinamento forzoso” dei crediti fiscali e contributivi a condizione della attestazione della maggior convenienza. Il ruolo del professionista indipendente attestatore ha quindi, nel nuovo contesto, assunto ancora maggior rilievo, importanza e responsabilità, poiché la norma ha espressamente previsto che il tribunale, nel processo valutativo finalizzato alla omologazione degli accordi, possa procedere con l’omologazione anche in assenza del consenso degli enti erariali e contributivi.

Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi e dell’insolvenza che ha mantenuto la disciplina della transazione fiscale e contributiva (articolo 63) invariata rispetto a quella prevista dalla legge fallimentare. Il comma 2bis dell’articolo 63 in questione prevede infatti che «Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria».

L’esperienza degli addetti ai lavori ha mostrato il permanere della resistenza degli uffici dell’amministrazione finanziaria al fornire il consenso sulle proposte di transazione fiscale che prevedano il pagamento parziale dell’imposta sul valore aggiunto, di ritenute e di contributi. Di fronte a tale resistenza opererebbe quindi, al verificarsi delle condizioni previste dall’articolo 63 del Codice della crisi, il “trascinamento forzoso”.

In attesa di nuove circolari in materia di transazione dei crediti tributari e contributivi, che si auspica supportino anche l’effettività della disciplina, deve anche porsi particolare attenzione a tutti i risvolti che il mancato pagamento, o il pagamento parziale, di determinati tributi e contributi può determinare.

Rileva in proposito il principio nuovamente sancito dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione 30628/2022 che richiama quanto già le sezioni unite avevano stabilito nel 2013 (Cassazione, sezioni unite 37424/2013) in base al quale, ai fini del dolo generico di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, è sufficiente che sussista la consapevolezza di non voler versare all’Erario le ritenute effettuate. Analogo principio è stato riaffermato in relazione al mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto sancendo che il debitore di tale imposta, che l’abbia riscossa, è tenuto ad accantonarla al fine di riversarla all’Erario e che la diversa eventuale condotta che abbia portato al mancato riversamento non può essere scusata, sul piano dell’illiceità penale, per la sola motivazione di aver ritenuto di sostenere (rectius – salvaguardare) la continuità aziendale utilizzando tali risorse per il previo pagamento delle retribuzioni di dipendenti, fornitori strategici e contributi previdenziali. La questione dovrà opportunamente essere risolta anche avendo riguardo ai possibili riflessi di “preferenzialità”.