Contabilità

Trasferimenti di sede al test di neutralità

di Marco Abramo Lanza e Francesco Nobili

Le risposte delle Entrate a Telefisco 2019 riportano in primo piano – sia pure indirettamente – le ricadute fiscali degli strumenti giuridici “alternativi” con cui può avvenire il trasferimento all’estero della residenza di società che esercitano imprese commerciali. È il caso, in particolare, di fusioni, scissioni, e, seppure in modo più articolato, conferimenti d’azienda e di quote o azioni.

Quanto a fusioni, scissioni e trasferimenti di sede, le operazioni sono caratterizzate da neutralità fiscale e la differenza principale tra operazioni in ambito domestico e internazionale è rappresentata dal fatto che in ambito internazionale la neutralità è subordinata alla sussistenza di una stabile organizzazione che residua in Italia al termine del trasferimento di residenza. Ciò tenuto conto da un lato della definizione di stabile organizzazione particolarmente “estesa” contenuta nel l’articolo 162 del Tuir e dall’altro delle eventuali definizioni difformi contenute nelle Convenzioni bilaterali stipulate sin qui dall’Italia.

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Il contribuente ha il diritto di applicare la norma più favorevole tra quella convenzionale e quella domestica (ai fini che qui interessano, quella domestica).

Poiché l’Italia ha espresso riserva di disapplicazione ai fini della cosiddetta Multilateral convention per molte delle modifiche poi inserite nell’articolo 162 del Tuir, è ragionevole supporre che la definizione di stabile organizzazione contenuta nelle Convenzioni sino ad oggi stipulate resterà diversa da quella contenuta nell’articolo 162 del Tuir, anche una volta che la Multilateral convention sarà stata ratificata dal nostro Paese.

La stabile organizzazione

La questione della stabile organizzazione che residua dopo il trasferimento di residenza si pone sotto diversi profili: il primo punto è quanta parte del soggetto trasferito sia “confluita” nella stabile organizzazione italiana, vale a dire se e in quale misura lo Stato italiano abbia perso potestà impositiva su parte dell’azienda preesistente. Questo aspetto andrà valutato considerando anche se le funzioni determinanti dell’azienda siano in effetti uscite dal territorio italiano, dunque costituiranno elementi probatori i documenti eventualmente predisposti in annualità passate ai fini del transfer pricing (articolo 1, comma 6 del Dlgs 471/1997).

La questione della stabile organizzazione “residua” diventa poi più articolata nei casi di società che, prima e dopo il trasferimento, hanno come principale attività la gestione di disponibilità finanziarie, di attivi liquidi o di singoli beni. Ci si potrebbe infatti domandare come, ad esito del cambio di residenza, potrebbe configurarsi una stabile organizzazione in Italia di una società che ad esempio è stata fusa da o scissa a favore di una società estera.

Questa circostanza, unita alla mobilità dei capitali e alla loro tracciabilità, dovrebbe far ritenere che, nei casi in cui la gestione di queste disponibilità sia affidata a gestori non residenti, nessuna stabile organizzazione della società trasferenda sia in effetti ravvisabile post-trasferimento, e ciò anche a prescindere dalla residenza di eventuali soci o amministratori senza deleghe operative sull’attività societaria.

Quanto alla posizione delle riserve di utili delle società trasferende, il trasferimento della residenza non «dà luogo di per sé all’imposizione dei soci della società trasferita» (articolo 166, comma 2-ter del Tuir).

I soci

La questione dei soci diventa ancora meno significativa laddove gli stessi non siano residenti in Italia: sia nel caso in cui la residenza dei soci fuori dall’Italia sia consolidata da tempo, sia – anche se in misura diversa – laddove questa risulti dall’operazione straordinaria ipotizzata.

Se i soci sono residenti in Italia, il fatto che la società italiana abbia trasferito la residenza all’estero potrebbe far scattare sia presunzioni di esterovestizione, sia eventuali effetti di applicazione della disciplina Cfc. Al contrario, se i soci della società trasferita sono (già) residenti all’estero, l’interesse erariale italiano si esaurisce – limitatamente alla società – al momento dell’uscita della stessa dalla giurisdizione italiana.

Per effetto di fusioni o scissioni internazionali è anche possibile che i soci preesistenti al trasferimento siano diluiti o concambiati con altre partecipazioni, fino al punto che nella società trasferita la parte di soci residenti sia ridotta o del tutto eliminata a conclusione dell’operazione.

Assumendo la genuinità economica di queste operazioni, le situazioni andranno monitorate anche considerando la natura del socio “uscente”, vale a dire se questo è una persona fisica o un soggetto Ires, anche tenendo conto del fatto che è prevista una exit tax per le società (articolo 166 del Tuir) ma nulla è previsto per le persone fisiche, e che i parametri per fissare la residenza delle società e delle persone fisiche restano diversi, talvolta anche sotto il profilo temporale.

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