Trust, tassazione differenziata per i trasferimenti di beni
L’analisi delle soluzioni proposte dalla Cassazione in materia di trust
Con quattro ordinanze emesse fra novembre e dicembre del 2019 (nn. 30816, 30821, 32392, 33544) la Corte di cassazione, in modo univoco, ha preso posizione sul complesso dibattito riguardante tassazione dei trasferimenti di beni a favore di trustee.
I casi esaminati
Le quattro pronunce in esame si riferiscono a fattispecie fra loro omogenee: si tratta di trust istituiti da un disponente a favore dei propri discendenti aventi ad oggetto beni (anche immobili) determinati, appartenenti dunque alla categoria dei trust di famiglia con funzione di passaggio generazionale.
Il tema propriamente tributario riguardava il trattamento tributario da riservare all'atto di trasferimento dei beni al trustee; imposta proporzionale di donazione (ed ipocatastale per gli immobili), ovvero imposta di registro fissa.
Imposta in misura fissa
La Cassazione sostiene che detti trasferimenti debbano scontare l'imposta in misura fissa sulla base delle seguenti ragioni:
● il trasferimento di beni al trustee non è presupposto dell'imposta di donazione in quanto non realizza alcun arricchimento a favore del trustee stesso. Arricchimento che si realizzerà soltanto quando il trustee, in esecuzione del programma negoziale che costituisce la “mission” del trust, procederà a ritrasferire i beni ricevuti ai beneficiari medesimi;
● nei confronti del trustee l'atto avviene a titolo gratuito ma non determina, con riferimento al fondo in trust, effetti traslativi in quanto non “comporta l'attribuzione definitiva allo stesso trustee, che è solo tenuto ad amministrarlo e a custodirlo in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust”;
● il semplice effetto segregativo non manifesta, di per sè, alcuna capacità contributiva in capo al trustee.
I dubbi
Queste argomentazioni sono astrattamente condivisibili ma al tempo stesso non si possono condividere perché frutto di pura astrazione. Chi ha esperienza di trust sa infatti che lo schema negoziale dei trust, che le pronunce pretendono di delineare, semplicemente non esiste.
I trust, anche solo limitandoci a quelli di matrice famigliare con funzione successoria, sono assai più complessi nel programma sotteso e nella funzione loro assegnata.
Non è difficile osservare, ad esempio, che quasi mai il fondo in trust è concepito come un'entità immutabile; di regola il trustee ha il potere di disporre liberamente dei beni surrogandoli e modificandone la natura.
E non solo quando il fondo è rappresentato da investimenti, per i quali la mobilità rappresenta le regola, ma in ogni altro caso: il disponente può trasferire al trustee una somma di denaro per l'acquisto di uno o piu' immobili da destinare ai beneficiari, ovvero può consegnare al trustee la proprietà di un immobile (ad esempio la casa di famiglia grande e indivisibile) da vendere per distribuire a suo tempo il ricavato fra i beneficiari.
Trattamenti diversi sul piano tributario
In questi casi è di tutta evidenza che i beni trasferiti al trustee non sono gli stessi che otterranno i beneficiari; sul piano tributario ciò comporta trattamenti diversi a seconda dei casi. Il trasferimento al trustee di un immobile cui segue la vendita e la distribuzione del ricavato ai beneficiari, se venisse assoggettato alle imposte fisse comporterebbe, ad esempio, il mancato pagamento delle imposte ipotecarie e catastali.
E non solo: può essere, e spesso è, che il valore del fondo si consumi durante la vita del trust, di modo che, al termine del trust, ciò che viene devoluto ai beneficiari ha un valore minore rispetto alla dotazione iniziale. Ciò avviene per la semplice ragione che il beneficio non necessariamente è rappresentato da un'erogazione di beni, ben potendo essere costituito dalla prestazione di servizi a favore dei beneficiari , ovvero dal pagamento di somme di denaro fatto a terzi a loro favore.
Pensiamo al caso, non infrequente, di un disponente che trasferisce al trustee un immobile perchè venga venduto e il ricavato sia utilizzato per pagare gli studi ai beneficiari, o per il pagamento delle rate del mutuo da questi contratto per l'acquisto della casa di abitazione, o per il pagamento di spese sanitarie, o ancora per stipulare a loro favore polizze di assicurazione.
È di tutta evidenza che nei casi in cui una prestazione economica resa nei confronti di un beneficiario non risulti connessa alla stipulazione di un atto di liberalità si corre il rischio che l'operazione stessa sia sottratta al pagamento dei tributi indiretti, nel caso di specie all'imposta di donazione. Per ovviare a questa mancanza sarebbe forse necessario che il trustee o il beneficiario procedessero unilateralmente all' accertamento della donazione indiretta ai sensi dell'art. 56 bis del Dlgs 346/90.
Volendo procedere oltre si deve osservare che il perimetro del trust è molto più ampio di quello della famiglia, esso ha trovato terreno di applicazione in altri contesti, come quello dell'impresa o del contratto, (pensiamo alla prestazione di garanzie) nei quali l'automatica assimilazione del trust all'imposta di donazione attende ancora verifica e conferma.
Le conclusioni
In definitiva il trust non è una fattispecie monolitica attorno alla quale costruire una unico trattamento tributario, ma deve essere inteso come un operazione complessa all'interno della quale rintracciare, caso per caso o tipo per tipo, il corretto presupposto di imposta. Se l'atto istitutivo assegnasse al trustee il compito di ricevere un immobile e consegnarlo, tale e quale, al beneficiario al termine del trust, il trattamento tributario sarebbe in effetti quello delineato dalla Cassazione; dalla lettura dei provvedimenti non è dato i sapere, ma vi è da temere che i trust in oggetto avessero un contenuto ben più complesso.
Queste considerazioni, banali ma provenienti direttamente dall'esperienza quotidiana, ci obbligano a prendere le distanze dalle affermazioni contenute nelle quattro pronunce della Cassazione in commento, non certo per difetto di coerenza logica, quanto per il fatto che appaiono fondate su un paradigma di trust astratto ed inesistente in “rerum natura”.