Contabilità

Utili black list al test della «maturazione»

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di Luca Miele

L'imponibilità integrale degli utili pregressi provenienti da Stati considerati a fiscalità privilegiata non dipende dallo status di Paese black list della partecipata al momento della percezione: ciò che rileva è lo status nel periodo di maturazione degli utili (si veda Il Sole 24 Ore del 19 gennaio).

La legge di Bilancio 2018 ha innovato, in melius, il regime del rimpatrio di tali utili mentre non è disciplinata l'ipotesi dei dividendi percepiti in un periodo di imposta in cui la partecipata risulta residente in uno Stato a fiscalità ordinaria, ma che si riferiscono ad utili maturati quando il medesimo Stato era a fiscalità privilegiata. Per questi ultimi dovrebbero, quindi, trovare ancora applicazione i chiarimenti della circolare n. 35/2016.

Partiamo dalla fattispecie innovata dalla legge di Bilancio 2018. Nella circolare n. 35/E/2016 l'agenzia delle Entrate ha chiarito che gli utili maturati prima del 2015 e percepiti dal 2015 si considerano provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata e, quindi, imponibili al 100% in capo al socio residente, se nei periodi di imposta di distribuzione degli utili la società estera si considera soggetta a un regime fiscale privilegiato. Per effetto delle modifiche apportate nel tempo alla nozione di Paese a fiscalità privilegiata e dei diversi criteri fissati dalle norme, ciò che si è potuto verificare, ad esempio, è che un Paese andasse considerato a fiscalità ordinaria nei periodi di maturazione degli utili mentre nei periodi di distribuzione degli stessi lo stesso andasse qualificato a fiscalità privilegiata. In tal caso, gli utili maturati in regime di “non black list” possono aver subito una tassazione integrale quali utili “black list”. Sulla base di questa interpretazione veniva ingiustificatamente penalizzato l'investimento estero realizzato in un Paese che, al momento della maturazione dell'utile, non era a fiscalità privilegiata.

La legge di Bilancio 2018 pone rimedio a questa distorsione stabilendo il principio secondo cui occorre riferirsi ai criteri di individuazione dei Paesi black list vigenti durante il periodo di maturazione dell'utile. E tale principio viene sancito anche a regime, non solo in via transitoria; infatti, è previsto che il medesimo criterio si applica anche per gli utili maturati dal 2015 in Stati non a regime privilegiato e percepiti in periodi di imposta in cui sono integrate le condizioni del comma 4 dell'articolo 167 del Tuir secondo le quali si considerano privilegiati i regimi fiscali, anche speciali, se il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.

La novella legislativa non disciplina invece l'ipotesi “inversa” dei dividendi percepiti in periodo di imposta in cui la partecipata risulta residente in uno Stato a fiscalità ordinaria, ma che si riferiscono ad utili maturati quando il medesimo Stato era a fiscalità privilegiata.

Si ritiene, pertanto, che, nella fattispecie, continuino a rilevare i chiarimenti resi nella medesima circolare n. 35/2016. In particolare, è stato precisato che ai fini del riconoscimento del parziale concorso al reddito, è necessario che i dividendi siano distribuiti da una partecipata estera che, sulla base del criterio vigente al momento della percezione degli stessi, non si possa considerare localizzata in un paradiso fiscale e tale criterio va soddisfatto anche rispetto all'esercizio di maturazione dell'utile oggetto di distribuzione.

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