Va integrata la voluntary sull’eredità
La presentazione dell’istanza di voluntary disclosure riguardante elementi percepiti per successione mortis causa e non dichiarati ai fini di tale imposta, se non accompagnata da una dichiarazione integrativa o sostitutiva ai fini del tributo successorio, richiede l’intervento dell’amministrazione finanziaria per la rettifica e liquidazione del dovuto. Tale rettifica può essere esercitata entro il termine di cinque anni previsto per il caso di omessa dichiarazione, decorrente dal momento di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria. È quanto affermato dalla sentenza 623/03/19 della Ctp Milano (presidente Locatelli, relatore Chiametti).
Un contribuente, a seguito di istanza di accesso alla procedura voluntary disclosure presentata nel settembre 2015, regolarizza talune attività finanziarie detenute all’estero, tra cui un conto deposito ereditato dalla propria zia, deceduta il 2 marzo 2010. Nel febbraio 2018, il contribuente riceve dalle Entrate un’avviso di rettifica e liquidazione, a mezzo del quale viene contestata l’omessa dichiarazione del conto deposito all’interno delle dichiarazioni di successione in passato presentate a fronte del decesso.
Il contribuente impugna l’avviso, lamentando l'intervenuta decadenza del potere accertativo in base all’articolo 27 del Dlgs 346/1990. Infatti, anche volendo ritenere applicabile il termine di accertamento per la dichiarazione omessa (5 anni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione, quindi 6 anni dall’apertura della successione), il termine sarebbe spirato il 2 marzo 2016.
Secondo la Ctp la rettifica è invece legittima, soprattutto in considerazione dell’articolo 48, comma 2, Dlgs 346/1990, secondo cui «gli impiegati dello Stato non possono compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni … della dichiarazione della successione o dell’intervenuto accertamento d’ufficio». Secondo il collegio, la presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria relativa a rapporti non dichiarati ai fini dell’imposta di successione comporta comunque l’obbligo di presentare una dichiarazione di successione integrativa o sostitutiva utilizzando il modello ministeriale prescritto dalla legge (articolo 28, comma 3, Dlgs 346/1990). In mancanza, si è in presenza di una dichiarazione da ritenersi omessa e, pertanto, l’ufficio può esercitare il potere di accertamento entro il termine di cinque anni dalla data in cui avrebbe dovuto essere presentata l’integrativa/sostitutiva (dunque dalla data dell’istanza di accesso alla voluntary). Così i giudici rigettano il ricorso, confermano l’avviso e condannano il contribuente al pagamento delle spese di lite.
La sentenza, per quanto criticabile in diversi passaggi, assume particolare interesse in quanto affronta il tema della correlazione tra l’articolo 48 e la procedura di voluntary disclosure, su cui si era già espresso in passato il Consiglio nazionale del Notariato nello studio 250-2015/T.