VERSO LA MANOVRA/2 - Cuneo fiscale, intervento chirurgico per allargare gli 80 euro
La nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza del 2019 (apparsa ieri, in ritardo rispetto alla scadenza ordinaria del 27 settembre) riporta uno dei punti che si annunciano come protagonisti delle novità contenute nella legge di Bilancio del 2020, la riduzione del cuneo fiscale.
Infatti, anche il programma di governo diramato dal presidente del Consiglio in 29 capi, al 4° punto parlava già nei primi giorni di settembre di una riduzione delle tasse sul lavoro a «totale vantaggio dei lavoratori». Il concetto di cuneo fiscale insiste sulla differenza, più che ragguardevole in Italia, fra la spesa sostenuta dall’imprenditore e il netto percepito effettivamente dai dipendenti.
L’insistenza sul vantaggio percepito dal lavoratore ha fatto intendere, anche nelle ultime notizie arrivate, che l’intervento si concentrerà non sul costo del lavoro, interrompendo l’attenzione alla riduzione della spesa contributiva a carico delle imprese che da molti anni è osservata dai vari governi, ma sulla pressione fiscale dei percettori di reddito di lavoro dipendente.
Le modalità con cui questo intervento si potrà realizzare sembrano non passare su una riforma più vasta del sistema di tassazione ( cinque aliquote progressive Irpef), ma sul sistema di detrazioni o, ancor meglio, di credito d’imposta. La formula che sembra infatti più gettonata per l’intervento dell’attuale esecutivo a vantaggio dei lavoratori è quella di potenziare il cosiddetto bonus 80 euro, introdotto prima sperimentalmente con un decreto legge dall’ex premier Matteo Renzi e poi stabilizzato con la manovra del 2015 (legge 190/2014).
Questo credito di imposta è pari a un massimo di 80 euro mensili (equivalenti a 960 euro annui) e, nella versione attuale già potenziata con la legge 205/2017 a partire dal 2018, è accessibile a tutti coloro che percepiscano redditi di lavoro dipendenti e assimilati compresi fra la soglia annuale di incapienza (8.174 euro) e 24.600 euro. Una versione ridotta del bonus sarà accessibile invece a coloro che percepiscono più di 24.600 euro, ma entro la soglia di 26.600 con una riduzione del bonus proporzionale al reddito percepito sopra il primo limite.
Questa operazione di probabile estensione del bonus sarà sicuramente condotta su un arco di tempo pluriennale, soprattutto in vista del limitato numero di risorse disponibili, attualmente concentrate nell’impegno assunto dall’esecutivo di sterilizzare le clausole di aumento delle aliquote Iva. L’ampliamento, già allo studio dei tecnici del precedente esecutivo, sarà probabilmente rivolto alla misura del bonus che potrà dunque superare gli ormai leggendari 80 euro e con possibili ampliamenti delle soglie di spettanza dello stesso.
Il bonus di cui all’articolo 13, comma 1-bis introdotto da Renzi più probabilmente registrerà un allargamento verticale e non orizzontale della sua platea. Nonostante più volte sia stato annunciato il suo conferimento anche alla categoria dei pensionati (a oggi esclusi), sembra fortemente probabile che non sarà questo il primo intervento in programma, sia per via del beneficio già registrato nel 2017 del potenziamento della No Tax Area (L. 232/2016), sia perché includere i pensionati costringerebbe a ripensare una riformulazione della soglia di incapienza che a oggi rende non percepibile il bonus (gli 80 euro non sono a oggi ottenibili infatti da chi veda la propria imposta lorda cancellata dalle detrazioni per redditi di lavoro).
Si tratterà quindi di un primo intervento chirurgico che aumenti il potere d’acquisto delle famiglie dei lavoratori, senza sconvolgere l’architettura a oggi esistente del bonus e buttando le basi per graduali e ulteriori interventi di potenziamento del bonus fiscale.