Professione

Vietate le tariffe minime inderogabili se stabilite dalla categoria senza l’avallo dello Stato

di Marina Castellaneta

Se le norme interne bloccano ogni possibilità di accordo tra cliente e avvocato per stabilire un onorario inferiore a quello fissato da un’organizzazione forense non controllata dall’autorità pubblica, si violano le norme Ue sulla libera concorrenza. Quindi, se un consiglio di un ordine forense di uno Stato membro non agisce come «emanazione della pubblica autorità» ma come organizzazione di categoria, il divieto di determinare onorari più bassi e l’impossibilità per il giudice di liquidare questi importi sono incompatibili col Trattato Ue. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue con la sentenza depositata ieri nelle cause riunite C-427/16 e C-428/16.

A rivolgersi alla Cgue è stato il Tribunale di Sofia (Bulgaria), per una controversia tra due società che in due procedimenti distinti avevano chiesto un’ingiunzione di pagamento a due cittadini che non avevano rifuso gli onorari di avvocato e il compenso di un consulente giuridico. I giudici avevano bloccato l’atto perché i pagamenti riguardavano una pattuizione tra clienti e società con importo più basso di quello previsto dal regolamento nazionale.

La Cgue ha chiarito che la determinazione degli onorari minimi imposti dalla normativa nazionale, «equivale alla determinazione orizzontale di tariffe minime imposte». Quindi, se l’ordine forense, costituito da avvocati eletti da colleghi, non agisce come «emanazione della pubblica autorità che opera a fini di interesse generale», senza il controllo di un’autorità pubblica, si violano l’articolo 101, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Ue (divieto di accordi tra imprese e decisioni di loro associazioni) e l’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato Ue ( principio di leale cooperazione). La Corte non si pronuncia sulla giustificazione di tale restrizione sotto il profilo del conseguimento di obiettivi legittimi, lasciando l’accertamento al giudice nazionale.

La sentenza, poi, chiarisce che il sistema nazionale per cui l’Iva è parte integrante degli onorari degli avvocati (col loro doppio assoggettamento all’imposta), viola la direttiva 2006/112 sul sistema comune Iva che, per il principio di neutralità fiscale, impedisce che l’assoggettamento delle attività professionali di un soggetto passivo generi doppia imposizione.

Sulla questione pregiudiziale relativa alla rifusione degli onorari d’avvocato a persone giuridiche e lavoratori autonomi del commercio se assistiti da un consulente giuridico, la Corte lascia ampio spazio agli Stati: la direttiva 77/249 facilita l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi di avvocati e non si occupa di rifusione di prestatori dei servizi giuridici decisa da un giudice.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©