Controlli e liti

Nuovi orizzonti per i rapporti tra falso in bilancio e reati fiscali

di Ivo Caraccioli

Il nuovo testo del falso bilancio, scaturito dalla riformulazione degli artt. 2621 e 2622 c.c., pone il problema, che ora viene diversamente ad impostarsi rispetto al passato, dei rapporti tra tali fattispecie ed i reati tributari di cui al Dlgs 74/2000 (dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, eccetera). Il discrimine tra le figure criminose in esame si pone quanto all'elemento psicologico richiesto (cosiddetto “dolo specifico”), che prima della riforma (nel testo del 2002) era così formulato : “con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto” ; nel nuovo testo, invece, con la più riduttiva formula “al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto”. Il nuovo falso in bilancio, infatti, non richiede più in aggiunta l'intenzione di inganno per i soci od il pubblico.
I reati tributari attualmente vigenti, dal canto loro, richiedono che si agisca “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto”. Se tale scopo, necessariamente previsto, di evasione fiscale si accompagna anche ad altre finalità, le quali possano essere ricondotte alla formula generica (unicamente richiamata dal nuovo falso in bilancio) del fine di profitto per sé o per altri, può aversi il concorso tra le due fattispecie in esame. Il che avverrà normalmente se il progettato danno all'Erario è destinato anche a provocare un vantaggio, in termini di imposte risparmiate,per la società o per i soci (“altri”), oltre che per lo stesso sottoscrittore della dichiarazione redditi od Iva mendace (normalmente il Presidente della società o persona da esso delegata). E', infatti, impensabile che si dichiari il falso al Fisco solo per danneggiare lo Stato, senza che a ciò automaticamente si accompagni anche un corrispondente vantaggio (in termini di imposte non pagate) per la società in quanto ente autonomo, per gli amministratori, per i soci (financo, eventualmente, per i creditori della società, che risultano avvantaggiati dal risparmio erariale della società stessa).
E', dunque, significativo che, com'era invece attualmente, fino alla riforma del falso in bilancio, per aversi questo reato (nella duplice forma dei nuovi artt. 2621-2622 c.c.) non si richieda più, in aggiunta, anche ”l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico”. La conseguenza sistematica che ne deriva, quanto ai rapporti tra le fattispecie penal-societarie e quelle penal-tributarie, è allora la seguente : se il sottoscrittore delle dichiarazioni tributarie mendaci, oltre al fine di profitto per sé o per altri (che, come si è detto, è connaturato al reato societario), non è anche sorretto da quello di inganno per i soci od il pubblico, con la nuova fattispecie risponderà per ciò solo della stessa, mentre tale responsabilità non si sarebbe potuta avere con il vecchio falso in bilancio, che appunto richiedeva qualcosa in più.
Si dirà che, in concreto, le cose non cambiano, in quanto la finalità di inganno era implicita nella condotta, ma questo può essere vero solo per l'intenzione di ingannare il “pubblico”,non certo, normalmente, per i “soci”, che possono essere consapevoli della falsità del bilancio. Pertanto, se il bilancio è falso solo per il “pubblico” e non per i “soci”, che appunto sono consapevoli della falsità, il c.d. ”dolo specifico” prima richiesto sussisteva egualmente, stante la disgiuntiva “o”. Il problema rimane, quindi, solo nel caso che non ci sia neanche l'intenzione di ingannare il “pubblico” (espressione indubbiamente generica),ad es. nel caso si possa dimostrare che la falsità del bilancio, consistente nel “gonfiamento” delle poste attive, compiuta allo scopo di non perdere affidamenti bancari o la partecipazione ad un concorso o gara, non aveva la finalità di ingannare il pubblico. In casi di questo genere il vecchio falso in bilancio, infatti, non si sarebbe realizzato ; il nuovo sì.
In conclusione : è chiaro, ed anzi ovvio, che la problematica dei rapporti tra falso in bilancio e reati tributari si pone soltanto quando il falso in bilancio sia tale da provocare danno all'Erario. Nel caso in cui la falsità del bilancio si ripercuota anche nell'intenzione di ingannare il Fisco, d'ora in avanti si avrà sempre il concorso tra le due fattispecie, nel “fine di profitto” ricomprendendosi anche lo scopo di risparmio fiscale. Nel caso, invece, in cui esuli tale ultimo scopo,ma la falsità del bilancio,comunque confezionata, abbia scopi diversi, le conseguenze si diversificano. Infatti, in passato avrebbero potuto non realizzarsi le fattispecie degli artt. 2621-2622 c.c. per la mancata “intenzione di ingannare i soci o il pubblico” (indubbiamente in casi concreti particolari, ma comunque verificabili) ; con la nuova formulazione, invece, escluso il concorso tra le due fattispecie (societaria e tributaria), il nuovo falso in bilancio viene comunque ad esistenza.

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