Imposte

Sono redditi di capitale le somme erogate da trust di paradisi fiscali

di Pierpaolo Angelucci e Paolo Scarioni

L'articolo 13 del Dl 124/2019 ha inserito nel Tuir nuove disposizioni relative alla tassazione delle somme erogate da trust esteri a beneficiari residenti in Italia.

In particolare, le erogazioni effettuate da trust esteri opachi assumono natura di redditi di capitale qualora il trust sia localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata ai sensi dell'articolo 47-bis e le somme ricevute dai beneficiari non abbiano la natura di “patrimonio”, non siano cioè riconducibili ad apporti effettuati dal disponente o da terzi a favore del trust al momento della sua istituzione o anche successivamente.

Il rinvio all'articolo 47-bis esclude senza dubbio dall'applicazione della norma i trust stabiliti in Stati appartenenti all'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia ha stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni (la circolare delle Entrate 35/2016 ha precisato che «tra i Paesi See trasparenti, oltre all'Islanda e alla Norvegia, può essere incluso anche il Liechtenstein»).

Sono invece da ricondurre, con ogni probabilità, nella sfera dispositiva della nuova norma i trust di certi ordinamenti che concedono una fiscalità di vantaggio a condizione che i proventi affluiscano da fonti estere e i disponenti e/o beneficiari siano residenti in un Paese diverso da quello in cui è considerato residente il trust (si pensi, ad esempio, ai foreign trust neozelandesi). In questi casi vi sarebbe, comunque, la possibilità di applicare l'esimente di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 47-bis dimostrando che tramite l'ente estero non si consegue l'effetto di localizzare i redditi in Paesi a fiscalità privilegiata (ad esempio, nel caso in cui il trust percepisca redditi di natura finanziaria soggetti a ritenute alla fonte nei Paesi di residenza degli emittenti gli strumenti finanziari; si veda la risposta dell'Agenzia 254/2019).

Per quanto riguarda l'entità del reddito percepito dal beneficiario del trust estero opaco localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, il Dl ha statuito la regola secondo cui «qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri (…) non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio l'intero ammontare percepito costituisce reddito». Pertanto, è reddito tutto ciò che il soggetto residente in Italia percepisce dal trust in quanto beneficiario, salvo che riesca a dimostrare che quanto ricevuto dal trust ha natura di “patrimonio”. Non sembra, dunque, condivisibile l'interpretazione dottrinale che vorrebbe limitare la tassazione in capo al beneficiario ai soli redditi prodotti in Italia dal trust, ex articolo 23 del Tuir, con esclusione quindi dei redditi di fonte estera.

Per dare completa coerenza al quadro normativo occorrerebbe, infine, in sede di conversione del Dl, introdurre una regola analoga (che è reddito ciò che non è patrimonio) anche con riferimento ai beneficiari di trust esteri trasparenti, ovunque localizzati, inserendo una disposizione che preveda un'imposta sostitutiva sui redditi imputati ai beneficiari di trust trasparenti non stabiliti in paradisi fiscali.

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