Adempimenti

Cassetto fiscale da monitorare: da oggi i clienti non inviano più la lettera d’intento

Dal 2 marzo per l’esportatore abituale non c’è più l’obbligo di inviare copia della dichiarazione fornitore

di Luca De Stefani

Da lunedì 2 marzo l’esportatore abituale non avrà più l’obbligo di comunicare al proprio fornitore che ha inviato una dichiarazione d’intento che lo riguarda all’agenzia delle Entrate e quest’ultimo dovrà controllare il proprio cassetto fiscale prima di emettere le fatture, per accertarsi se inserirvi l’Iva o meno.

Stop invio lettera al fornitore
Dal primo gennaio 2020, è stato eliminato l’obbligo, che imponeva all’esportatore abituale (cioè al cessionario o al committente dell’operazione senza Iva) di consegnare al fornitore o prestatore o alla dogana la dichiarazione di intento, che lo stesso esportatore invia all'agenzia delle Entrate.

L’eliminazione dell’obbligo di questa comunicazione è contenuta nel nuovo articolo 1 del decreto legge 29 dicembre 1983, n. 746, ma, fino a giovedì scorso, mancava il provvedimento attuativo, che doveva essere adottato entro il 29 agosto 2019. È stato pubblicato il 27 febbraio 2020 (il n. 96911) e ha previsto che l’agenzia delle Entrate, dal 2 marzo 2020, renderà disponibili a ciascun fornitore, indicato dagli esportatori abituali nelle dichiarazioni di intento, le informazioni contenute sulle stesse (ad esempio, se si tratta di una o può operazioni e i relativi limiti di importo). In pratica, dal 2 marzo 2020 il fornitore potrà visionare i dati dei modelli delle dichiarazioni d’intento che l’agenzia delle Entrate riceverà per suo conto, solo accedendo nel proprio cassetto fiscale di Fisconline (o di Entratel, se si è sostituti d’imposta che presentano il modello 770 per più di 20 percipienti) ovvero chiedendo all’intermediario abilitato e delegato (elenco completo) di accedere al cassetto fiscale del fornitore stesso, tramite l’accesso a Entratel del professionista.

Considerando, che solo da lunedì prossimo sarà possibile accedere a queste informazioni, necessarie per compilare correttamente le fatture da emettere, si ritiene che l’eliminazione dell’obbligo del cliente di inviare i modelli al fornitore parta solo da questa data.

Semplificazione
Difficilmente l’eliminazione di questo obbligo può essere considerata una semplificazione per i contribuenti, in quanto da lunedì, prima di emettere qualunque fattura di vendita di beni o di servizi, i contribuenti Iva (non forfettari o minimi), dovranno controllare (direttamente o tramite gli intermediari abilitati e delegati), se hanno ricevuto la dichiarazione d’intento, non nella loro pec, e-mail ordinaria o cassetta postale, ma nel proprio «cassetto fiscale» delle Entrate.

Si tratta, invece, di una semplificazione solo per i controlli dell’agenzia delle Entrate, in quanto la motivazione della norma è quella di evitare che vengano emesse fatture senza Iva ad esportatori abituali che hanno inviano la lettera d’intento solo al proprio fornitore e non alle Entrate. Evidentemente, non sono sufficienti le sanzioni dal 100% al 200% dell’imposta (erano fisse e non proporzionali fino allo scorso anno), previste per il cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni senza Iva, senza avere prima riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione all’agenzia delle Entrate della dichiarazione d’intento (articolo 7, comma 4-bis, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

Lettera di cortesia
Si consiglia, quindi, ai fornitori di chiedere ai propri clienti di continuare a inviare ai primi le lettere d’intento che i secondi inviano alle Entrate.

In caso di emissione della fattura erroneamente con Iva, per non aver visto la lettera d’intento ricevuta dalla Entrate per proprio conto, è comunque sempre possibile emettere una nota di accredito e riemettere una nuova fattura senza Iva. In alternativa, è possibile emettere una nota di accredito in diminuzione per la sola Iva (si veda l’inserto di Telefisco 2020 del Sole 24 Ore del 19 febbraio 2020).

Invece, se il cliente è d’accordo, la fattura emessa può rimanere con Iva, in quanto, anche se la dichiarazione d’intento è già stata inviata alle Entrate, si tratta di un comportamento non sanzionabile. Ma se il cliente non è d’accordo relativamente all’indicazione erronea dell’Iva in fattura, il fornitore è obbligato a risolvere la problematica, tramite le suddette note di accredito.

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