Professione

Stop della Corte dei conti a sanatorie e Flat tax in deficit

di Gianni Trovati

Dalla Corte dei conti arriva un doppio «stop»: alle nuove tentazioni di sanatoria, tornate in auge dopo la pioggia di rottamazioni, saldi e stralci, paci fiscali e rottamazioni, e all’idea di finanziare la Flat Tax in deficit con la conseguenza di gonfiare un debito che «ha probabilmente raggiunto i limiti massimi di sostenibilità».

Il doppio avvertimento risuona in mattinata durante il giudizio di parificazione del rendiconto 2018 dello Stato. Il bollino della Corte era atteso come premessa indispensabile per l’assestamento di bilancio. Ed è arrivato. Ma è stato accompagnato da una bocciatura esplicita di alcuni filoni centrali nel dibattito di politica economica.

I condoni, prima di tutto. Le idee di «integrativa speciale» e sanatoria del contante rilanciate nelle settimane scorse dalla Lega non rappresentano esattamente un inedito nella storia normativa recente. Ma proprio l’esperienza di questi anni mostra che sanatorie e definizioni agevolate spesso deludono anche sul piano matematico. Lo dimostrano i numeri delle rottamazioni, i meccanismi (appena prorogati in una rottamazione «quater» dalla legge di conversione del decreto crescita) che azzerano interessi e sanzioni in cambio dell’adesione del contribuente. Il fatto è che gli italiani hanno aderito con entusiasmo. Ma poi spesso non hanno pagato. Hanno chiesto di versare entro fine 2018 21,8 miliardi, ma in cassa ne è arrivata meno della metà: il 47,7% a esser precisi, cioè 10,4 miliardi.

A fermare il pagamento è stato anche il meccanismo delle rate, perché in cambio dell’addio a interessi e sanzioni le rottamazioni chiedono pagamenti in tempi più stretti rispetto alle rateizzazioni ordinarie. Spesso, quindi, i contribuenti hanno aderito, hanno anche pagato la prima rata ma poi non si sono più presentati agli appuntamenti successivi. Per superare il problema, le rottamazioni giallo-verdi hanno allungato a cinque anni il calendario dei versamenti. Ma restano i colpi strutturali. Perché «l’aspettativa di future sanatorie», spiega nella sua relazione il presidente delle Sezioni riunite di controllo Ermanno Granelli, «incidono negativamente sul corretto funzionamento del sistema che, è bene sottolinearlo, continua a fondarsi sul principio dell’adempimento spontaneo». Anche perché la pioggia delle eccezioni agli obblighi fiscali ricadono su un’amministrazione finanziaria in cui non mancano «criticità»: tradotte in cifre, indicano una flessione del 7,2% nelle riscossioni da attività di accertamento e controllo (17 miliardi), e addirittura del 23,8% quando si guarda ai frutti delle attività di «accertamento sostanziale» dell’agenzia delle Entrate (5,6 miliardi, complice l’esaurirsi meno di voci straordinarie come la voluntary disclosure).

In questo quadro, una Flat Tax in deficit rischia di avere effetti collaterali più gravi di quelli benefici che si propone. Il problema è un ulteriore rialzo del debito. E, avverte il Procuratore generale Alberto Avoli, non nasce dai «parametri europei, di per sé fin troppo rigidi», ma dalle «ragioni indefettibili proprie dell’economia e della storia». Perché il debito italiano già è destinato a colpire le prossime «tre o quattro generazioni».

A mettere in numeri il prezzo dell’incertezza sono stati invece ieri i conti trimestrali della Pa diffusi dall’Istat. La pressione fiscale nei primi tre mesi dell’anno è arrivata al 38%, dato più alto dal 2015. E il potere d’acquisto delle famiglie in aumento (+0,9%) si traduce in risparmio e non in consumi. Con un comportamento “attendista” che ha il suo specchio nel dato sugli investimenti delle imprese (-1,4% nelle società non finanziarie), in flessione come i loro profitti (-0,6%).

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