Imposte

Dai tassi bassi una spinta agli affrancamenti

di Francesco Nobili e Andrea Spinzi

In presenza di operazioni straordinarie di riorganizzazione aziendale – conferimenti d’azienda, fusioni o scissioni – è possibile ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori contabili iscritti dalla conferitaria (o incorporante o beneficiaria) nel proprio attivo patrimoniale, previo versamento di un’imposta sostitutiva di Ires e Irap del 12, 14 o 16% (è il cosiddetto affrancamento “ordinario”), oppure del 16 o 20%, ma limitatamente a determinati beni e con alcune peculiarità (affrancamento “derogatorio”).

È una chance che si affianca alla possibilità di rivalutare i beni d’impresa, su cui interviene ora la legge di Bilancio, prorogando la misura e delineando un restyling finalizzato a tener conto della riduzione dell’aliquota Ires (si veda l’articolo in basso).

L’opzione per entrambi gli affrancamenti è disciplinata da norme a regime:

- articolo 176, comma 2-ter, Tuir, per l’affrancamento ordinario (e relativi articoli 172, comma 10-bis e 173, comma 15-bis, Tuir, per fusioni e scissioni);

- articolo 15, commi 10 e seguenti, del Dl 185/2008, per l’affrancamento derogatorio.

L’affrancamento ordinario

Con l’affrancamento ordinario, regolato dal Dm 25 luglio 2008, è possibile ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori contabili attribuiti alle immobilizzazioni materiali e immateriali, compreso l’avviamento. L’opzione può essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è avvenuta l’operazione straordinaria o, al più tardi, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

L’imposta sostitutiva è del 12% sui maggiori valori fino a 5 milioni di euro, 14% tra 5 e 10 milioni e 16% sopra i 10 milioni, e deve essere versata in tre rate annuali, rispettivamente 30, 40 e 30% dell’importo dovuto (con interessi del 2,5% sulle rate successive alla prima). L’opzione si considera perfezionata con il versamento della prima rata.

L’applicazione dell’imposta sostitutiva deve essere richiesta per categorie omogenee, fatte salve le immobilizzazioni immateriali (avviamento incluso).

I maggiori valori si considerano fiscalmente riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione, che coincide con quello di versamento della prima rata.

È previsto un meccanismo di recapture (disconoscimento dell’affrancamento) qualora sui beni “affrancati” si verifichi il realizzo anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione.

La formula «derogatoria»

L’affrancamento derogatorio è limitato ad alcuni beni quali marchi, avviamento e altre attività immateriali, immobilizzazioni finanziarie e attivo circolante. L’imposta sostitutiva è pari al 16% per marchi, avviamento e altre attività immateriali, 20% per i crediti (e salvo casi residuali nei quali l’imposta sostitutiva è pari alle aliquote ordinarie Ires/Irap) (si veda anche Il Quotidiano del Fisco del 9 dicembre scorso).

L’opzione per l’affrancamento si perfeziona con il versamento dell’imposta sostitutiva, da effettuarsi in un’unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione straordinaria.

Come regola generale, i maggiori valori sui quali è stata pagata l’imposta sostitutiva sono riconosciuti fiscalmente a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è stata versata l’imposta sostitutiva; tuttavia, la deducibilità dei relativi ammortamenti è concessa solamente dal periodo d’imposta successivo. Pertanto, ipotizzando un’operazione straordinaria perfezionata nel 2020 da una società con esercizio solare, i maggiori valori “affrancati” sono riconosciuti fiscalmente dal 2021 e la deducibilità degli ammortamenti dal 2022.

Secondo le Entrate (circolare 28/E/2009) la recapture opera anche per questo tipo di affrancamento. Di conseguenza, occorre attendere fino al 2025 per poter cedere i beni affrancati.

L’aspetto più interessante dell’affrancamento derogatorio, oltre al fatto che può riguardare singoli beni, concerne la deduzione dei maggiori valori dei marchi e dell’avviamento, la quale può avvenire in misura non superiore a 1/5 anziché 1/18: un vantaggio rilevante che rende particolarmente appetibile questo regime rispetto agli altri (si veda la tabella).

Infine, tale ultimo affrancamento è possibile anche per i maggiori valori delle partecipazioni di controllo in società residenti e non residenti anche prive di stabile organizzazione in Italia, iscritti nel bilancio consolidato a seguito di operazioni straordinarie e riferibili a marchi d’impresa, avviamento e altre attività immateriali.

L’analisi costi-benefici

L’opportunità di procedere con l’affrancamento nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali viene spesso trascurata quando invece, stante l’attuale livello dei tassi di interesse e la difficoltà di ottenere rendimenti finanziari soddisfacenti sulla liquidità disponibile, potrebbe essere presa in considerazione.

VEDI IL GRAFICO: Le misure a confronto e la simulazione

Ad esempio, ipotizzando di optare per l’affrancamento derogatorio di un avviamento emerso a seguito di un conferimento d’azienda avvenuto nel 2020 per un importo pari a 100 (maggior valore affrancato), l’imposta sostitutiva (16%) dovuta è pari a 16 e verrà versata entro il 30 giugno 2021. È possibile portare in deduzione il maggior valore affrancato (100) in cinque esercizi (20 per ciascun esercizio) a partire dall’esercizio 2022. Il beneficio, considerando le aliquote ordinarie Ires/Irap, è pari in ciascun esercizio a 5,58 (= 20 x 27,9%) e si realizza finanziariamente dal momento di versamento del relativo saldo delle imposte (30 giugno dell’anno successivo) e, dunque, a partire dal 30 giugno 2023. Attualizzando i flussi si ottiene un tasso interno di rendimento (Tir), cioè un rendimento effettivo, pari al 15,5% (si veda l’esempio a lato), difficilmente ricavabile da investimenti alternativi a basso rischio.

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