Contabilità

Bilancio e calcolo delle imposte, il doppio binario delle regole

di Marco Piazza

Le società di partecipazione finanziaria si trovano nella complessa situazione di redigere il bilancio con le regole del Codice civile e di calcolare le imposte con le regole degli intermediari finanziari; regole, queste ultime, che fanno riferimento ai bilanci redditi secondo gli schemi della Banca d’Italia (si veda quanto segnalato sul Quotidiano del fisco del Sole 214 Ore del 29 luglio 2019 e da Assonime con la circolare 16 del 2019, pag. 34).

In particolare questi soggetti, come le banche e gli altri intermediari finanziari:

non subiscono i limiti di deducibilità degli interessi passivi di cui all’articolo 96 del Testo unico, ma applicano la maggiorazione Ires del 3,5% di cui all’articolo art. 1, comma 65, della legge n. 208/2015; e

-determinano il valore della produzione con le regole di cui all’articolo 6, commi 1, 6 e 8 d del Decreto Irap.

Le maggiori difficoltà riguardano la determinazione del valore della produzione.

L’articolo 6, comma 6, del decreto Irap stabilisce che «i componenti positivi e negativi si assumono così come risultanti dal conto economico dell’esercizio redatto secondo i criteri contenuti nei provvedimenti della Banca d’Italia 22 dicembre 2005 e 14 febbraio 2006 (…)».

A parte il fatto che il bilancio degli intermediari finanziari diversi dalle banche è ora regolato dal provvedimento 22 dicembre 2017 che ha sostituto il provvedimento del 2006, va notato che il cosiddetto «principio di derivazione rafforzata» sancito dal comma 6 è molto rigido.

Pare quindi che sia necessario determinare l’Irap partendo da un bilancio riclassificato con i criteri del provvedimento del 22 dicembre 2017.

Tuttavia, questo provvedimento contiene quattro diversi schemi di bilancio (Intermediari finanziari, Sgr, Sim, Imel e istituti di pagamento ibridi, il primo dei quali sembra il più adatto alla fattispecie) e inoltre i “criteri” contenuti nel provvedimento non riguardano solo la rappresentazione contabile, ma anche le regole di valutazione qualificazione e competenza temporale proprie dei principi contabili internazionali, che spesso differiscono da quelli nazionali.

Si sarebbe tentati di adottare i criteri e gli schemi di Banca d’Italia anche per la redazione del bilancio ufficiale. Tuttavia, l’approccio appare rischioso perché le regole di formazione del bilancio sono considerate imperative e la circostanza che il documento informativo sia rivolto a una pluralità di soggetti (oltre ai soci e al Fisco) aumenta le probabilità di contestazione di ordine civilistico.

In conclusione, non si può che auspicare un rapido ripensamento del legislatore. Se la scelta attuale fosse ispirata dal timore di perdite di gettito potrebbe essere semplicemente integrato l’articolo 6, specificando le variazioni fiscali che devono essere fatte (ad esempio, la tassazione della metà dei dividendi) rispetto allo schema del Codice civile.

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