Imposte

Credito r&s troppo restrittivo

di Diego Annarilli e Giuseppe Melis

Come il bosone di Higgs, la particella che tanto affanna gli addetti ai lavori, così il credito d’imposta R&S è diventato il rompicapo di ingegneri, tributaristi e (da ultimo) penalisti. A preoccupare è soprattutto la riconduzione da parte del Mise e dell’agenzia Entrate del concetto di ricerca e sviluppo eleggibile al beneficio alle sole attività in linea con i paradigmi del «Manuale di Frascati». A circa tre anni dall’entrata in vigore della disciplina, Mise e Agenzia hanno individuato in tale Manuale la fonte di interpretazione primaria della disciplina, quindi le attività agevolate si limiterebbero a quelle relative ai progetti per il superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base delle conoscenze note e disponibili, producendo in tal modo un beneficio per l’intera economia (risoluzione 40/E/2019).

La risposta all’interrogazione parlamentare del 26 giugno 2019 ha negato la portata innovativa di questi interventi interpretativi. Tuttavia, la circolare 46586/2009 del Mise aveva al contrario ritenuto che la qualificazione di R&S dovesse essere quella del «Manuale di Oslo», il cui orientamento è volto a porre l’innovazione quale parametro dell’indagine tesa a individuare lo sforzo dell’impresa verso lo sviluppo e la creazione di un prodotto nuovo o migliorato, sottolineando che «lo scopo della disciplina comunitaria e di quella nazionale è quello di sostenere l’impegno dell’impresa diretto a elevare il processo e il prodotto della propria attività, accrescendo quindi la competitività del sistema».

In sintesi, la precedente normativa trovava il proprio referente nel Manuale di Oslo che individuava nel prodotto nuovo o significativamente migliorato l’oggetto e l’obiettivo dell’agevolazione R&S, escludendo le modifiche di routine e periodiche. Questa distinzione tra R&S e innovazione appare dunque né scontata, né obbligata. Così stando le cose, si troverebbero in una situazione di piena buona fede quei contribuenti che avessero fatto riferimento al concetto di “novità” del prodotto o del processo declinata dal Manuale di Oslo.

La nuova posizione interpretativa si sta risolvendo nel sistematico disconoscimento del credito in sede di accertamento proprio per l’assenza della condizione della “novità”. Le conseguenze sono devastanti: non solo l’applicazione della sanzione amministrativa dal 100 al 200% del credito, senza possibilità di accesso alla definizione agevolata; ma soprattutto la possibile integrazione del delitto ex articolo 10-quater, comma 2, del Dlgs 74/2000 per crediti compensati superiori a 50mila euro, peraltro esclusa dalla causa di non punibilità di cui all’articolo 13. Il tutto per effetto della “giuridicizzazione” di nozioni tecniche appartenenti a un altro settore, il cui fondamento è tutto da verificare. La tutela dell’affidamento e della competitività delle imprese sollecita un urgente intervento del legislatore.

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