Professione

Tassazione e BoT obbligatori, riaperta la partita sul contante

di Alessandro Galimberti

Far emergere dalle cassette di sicurezza – quando non dalla piastrella del solaio – il contante per poi tassarlo, è tema che torna sempre di attualità all’insediarsi di ogni nuovo governo. Non sarà impresa facile, sia per la resistenza del popolo dei “total black” a venire allo scoperto, sia per i peccati che il nero totale spesso nasconde (illeciti penali pesanti molto più frequenti della semplice evasione/elusione fiscale), sia infine perché i due tentativi precedenti già esperiti (le voluntary disclosure 2015 e 2017) hanno dato sotto questo punto di vista risultati più che sconfortanti.

Il primo scoglio da superare è la stima del contante occultato in cassette di sicurezza. Al di là dei numeri che regolarmente rimbalzano tra siti, giornali e convegni nessuno è in grado di quantificare il “non circolante” per evidenti motivi. Ci ha provato la Banca d’Italia per conto dell’Ocse (Occasional paper 367 del 2016) stimando un’evasione media del 13,5% della Pit (Personal Income Tax, la nostra Irpef) su 148 miliardi di gettito annuale medio nei tre lustri 2002-2014. Se l’algoritmo è giusto, si tratta di 23 miliardi circa di evasione annua solo sull’Irpef (poi ci sarebbero le corporate tax, i rendimenti sul capitale ecc.), buona parte dei quali finirebbe “al sicuro” nelle cassette bancarie al netto di spese personali e piccoli o grandi lussi.

I numeri macroeconomici del nero non tracciabile appaiono pertanto rilevanti, tanto che riuscendo a tassarli a regole correnti si risolverebbero probabilmente un paio di manovre finanziarie Ue-compatibili. Il problema è «cosa» offrire ai mancati contribuenti in cambio dell’emersione, visto che gli abboccamenti del passato non sono stati degnati della minima attenzione.

Il think-tank di professionisti che si sta aggregando attorno all’ex vice ministro dell’Economia Luigi Casero e all’ex presidente della Commissione Bilancio della Camera Maurizio Bernardo ha recentemente prodotto un paper più strutturato dell’ultima proposta della Voluntary disclosure 2 (che tassava tutto all’aliquota massima, infatti nessuno ha aderito). In primo luogo bisogna decidere quale quota tassare dell’eventuale emersione, considerato che la pretesa fiscale non può spingersi oltre (gli accumuli dei) cinque anni precedenti, dieci se si ravvisasse un’ipotesi di reato. Quindi, il Parlamento dovrebbe scegliere la percentuale tassabile del nero, in una forbice tra il 30% e il 50%; su quella base poi si applicherebbe l’aliquota Iva (se dovuta), o direttamente l’aliquota dell’Irpef più le sanzioni ridotte già utilizzate per le voluntary disclosure. Il risultato finale teorico prevederebbe un’imposta reale tra il 17,09 e il 34,78%. Ma non è finita.

Per la parte eccedente del capitale scatterebbe poi l’obbligo di investimento in Bot quinquennali a tasso zero. Tale misura oltre a congelare il denaro per un quinquennio (lasso di tempo necessario per accertare la sua provenienza e quindi minimizzare il rischio di riciclaggio di capitali delle organizzazioni criminali) avrebbe anche l’ulteriore vantaggio di recuperare altri importi tra la sommatoria dei minori interessi e dei costi di emissione dei relativi Bot.

Il contante allo scadere del titolo di Stato quinquennale, potrà poi essere liberamente utilizzato, ma essendo su di un conto ad hoc ogni impiego diverso di quello a favore del contribuente o di familiari o di società facenti capo allo stesso sarebbe comunque oggetto di segnalazione sospetta a fini di antiriciclaggio (Sos).

Perfetta da un punto di vista teorico, potrebbe davvero funzionare nella pratica questa emersione? «Sarei molto cauto – dice Antonio Martino, avvocato of Counsel di Dla Piper, e fino a tre anni fa capo dell’Ucifi dell’agenzia delle Entrate – perché se non è accompagnata da un programma di misure per la riduzione dell’impiego del contante (ad esempio, soppressione del corso legale delle banconote superiori a 100 euro) finalizzato a contrastare l’evasione fiscale, il riciclaggio e la corruzione, la procedura, sebbene in linea con le linee-guida Ocse, verrebbe percepita, da un lato, come l’ennesima sanatoria e, dall’altro, non avrebbe successo» (la Vd, ad esempio, è stata accompagnata dalla norma sull’autoriciclaggio e dal debutto dello scambio automatico globale di info fiscali).

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