Imposte

Fondi Ue e See, arriva l’esenzione su dividendi e plusvalenze per investimenti in Italia

Il Ddl di Bilancio elimina l’imposizione del 26% e la discriminazione tra Oicr italiani e comunitari. Effacacia dal 2021 e non retroattiva

di Angelo Bonissoni e Raffaele Villa

Svolta epocale per gli investimenti in Italia da parte di fondi Ue/See, i quali non saranno più penalizzati rispetto ai fondi italiani con riguardo all’imposizione sui dividendi e plusvalenze da partecipazioni in società fiscalmente residenti in Italia. È il risultato atteso dalle previsioni contenute nella bozza del disegno di legge di Bilancio 2021 entrata al Consiglio dei ministri del 16 novembre (articolo 109).

In particolare, con riguardo ai dividendi la norma modifica l’articolo 27, comma 3, del Dpr 600/1973, aggiungendo un periodo che dispone che la ritenuta ordinaria sui dividendi prevista nella misura del 26% non si applichi ai dividendi corrisposti a Oicr di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/Ce (cosiddetta Ucits IV) e a Oicr, non conformi alla medesima, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/Ue (cosiddetta Aifmd), istituiti nei Paesi Ue e See che consentono un adeguato scambio di informazioni (Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

Con riguardo all’imposizione dei dividendi in uscita giova ricordare che la mini ritenuta dell’1,2% di cui all’articolo 27, comma 3-ter e l’esenzione da ritenuta di cui all’articolo 27-bis del Dpr 600/1973 sono inapplicabili agli Oicr esteri poiché nella maggior parte dei casi non possono dirsi residenti ai fini fiscali nel proprio Paese di istituzione in quanto in tali Paesi non sono soggetti passivi d’imposta.

Quanto alle plusvalenze invece, l’articolo 109 della bozza del Ddl di Bilancio prevede che non concorrano a formare il reddito le plusvalenze e le minusvalenze sulle partecipazioni qualificate di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir, realizzate dagli Oicr esteri aventi i requisiti descritti in precedenza.

Si rammenta che le plusvalenze su partecipazioni non qualificate se realizzate da un Oicr estero non sono rilevanti ai fini fiscali in Italia se quotate (articolo 23, comma 1, lettera f, n. 1, del Tuir) ovvero sono esenti da imposta se l’Oicr estero è istituito in un Paese white list e si qualifica quale investitore istituzionale (ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del Dlgs 461/1997). Tuttavia, l’esenzione sui capital gain dell’articolo 13 dei trattati conformi al modello di Convenzione Ocse risulta inapplicabile ai fondi esteri in quanto questi non essendo soggetti passivi d’imposta nel Paese di istituzione non possono invocarne i benefici.

Entrambe le previsioni dell’articolo 109 del Ddl di Bilancio avrebbero efficacia con riguardo ai dividendi percepiti ed alle plusvalenze realizzate a decorrere dalla approvazione della relativa legge senza che, tuttavia, siano previsti effetti retroattivi.

Come chiarisce la relazione illustrativa alla bozza del Ddl di Bilancio, tali modifiche sono state apportate per eliminare la discriminazione esistente tra gli Oicr italiani e gli Oicr Ue/See con riguardo al differente trattamento fiscale applicabile ai dividendi e plusvalenze su partecipazioni in società italiane. Infatti, l’articolo 73, comma 5-quinquies, del Tuir prevede un’esenzione da imposizione di tipo soggettivo applicabile ai predetti Oicr italiani che è condizionata alla circostanza che il gestore sia vigilato. Pertanto, in base all’articolo 73 del tuir sia i dividendi che le plusvalenze derivanti dall’investimento di Oicr italiani in società italiane non sono imponibili.

Tale discriminazione è stata oggetto di attività investigativa da parte della Commissione europea (Eu Pilot 8105/15/Taxu) in quanto lesiva della libertà di stabilimento (articolo 49 del Tfeu) e della libertà di movimento di capitali (articolo 63 del Tfeu).

Con particolare riguardo alle modifiche del regime fiscale applicabile ai dividendi, ci si domanda se l’attuale normativa che continua a discriminare gli Oicr esteri di Paesi non Ue/See non continui a porsi in contrasto con la libertà di circolazione di capitali che, contrariamente alla libertà di stabilimento, ben potrebbe essere invocata a talune condizioni anche con riguardo ai flussi di investimento provenienti da Paesi terzi. Si pensi alla rilevanza che assumerà questo tema a partire dal termine del periodo transitorio (i.e., 31 dicembre 2020) per i fondi istituiti nel Regno Unito in assenza di una proroga del periodo transitorio stesso o di un ulteriore accordo.

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