Controlli e liti

Il Fisco deve pagare le spese di lite al difensore con mandato all’incasso

La Ctr Toscana riconosce con le ordinanze 588 e 589/3/2020 che il mandato all’incasso e l’indicazione di pagamento legittimano, al pari della distrazione, il difensore all’incasso delle spese di lite liquidate

di Simone Buffoni e Damiano Tomassini

È inadempiente, all’obbligo posto dalla sentenza tributaria, l’agenzia delle Entrate soccombente che si rifiuta di pagare le spese di lite al difensore non distrattario, laddove quest’ultimo sia specificamente autorizzato nella procura ad litem a riscuoterle o, in alternativa, indicato dal contribuente quale soggetto legittimato ad incassare le spese del giudizio ex articolo 1188 del Codice civile. È il principio emerge da due ordinanze gemelle (588/3/2020 e 589/3/2020), emesse dalla Ctr Toscana in sede di giudizi di ottemperanza.

La vicenda

La vicenda trae origine dall’ordine di pagamento rivolto all’agenzia delle Entrate per la corresponsione delle spese di giudizi d’appello dovute al contribuente in forza di pronunce di merito. Il Collegio di secondo grado aveva omesso di pronunciarsi sulle istanze di distrazione delle spese proposte dal difensore. La società contribuente (creditrice) notificava le sentenze all’Ufficio soccombente (debitore) e chiedeva il pagamento delle spese, liquidate nelle pronunce di appello, in favore del difensore. L’Ufficio non eseguiva alcun versamento. La contribuente, stante l’inerzia dell’Amministrazione finanziaria, proponeva ricorsi per l’ottemperanza delle pronunce, al fine di ottenere il pagamento delle spese processuali, da parte della soccombente, al soggetto legittimato a riceverle (i.e. il procuratore). L’Amministrazione finanziaria, nel costituirsi in giudizio, rilevava, dal canto suo, che non era possibile il pagamento delle spese di lite in favore del difensore in quanto il Giudice di merito non aveva disposto la distrazione ex articolo 93 del Codice di procedura civile.

Pertanto, l’Ufficio sosteneva che il solo rimedio esperibile nella fattispecie in esame era il procedimento di correzione degli errori materiali (articoli 278 e 288 del Codice di procedura civile), stante l’omessa pronuncia del giudice di merito sulla distrazione e non, quindi, il giudizio di ottemperanza instaurato dalla ricorrente. Con memorie illustrative la contribuente rilevava che il difensore nella qualità di procuratore ad litem specificamente autorizzato o, in alternativa, nella veste di indicatario di pagamento ex articolo 1188 del Codice civile era pienamente legittimato a riscuotere le spese di lite dovute al proprio cliente dall’Amministrazione finanziaria soccombente.

Ciò stante, secondo la ricorrente, l’agenzia delle Entrate era inadempiente ai comandi contenuti nelle sentenze di merito per aver omesso di pagare le spese di giudizio a chi aveva piena legittimazione a ricevere le prestazioni. Il Giudice toscano ha condiviso le argomentazioni della contribuente.

La decisione

La Ctr, con le due ordinanze, ha preliminarmente rigettato la tesi, avanzata dall’Ufficio, secondo cui, non avendo le sentenze di merito disposto espressamente in ordine all’erogazione delle spese di lite in favore del legale patrocinante, occorrerebbe procedere alla rettifica dei dispositivi ai sensi degli articoli 287 e 288 del Codice di procedura civile.

Di poi, verificata la volontà della contribuente creditrice di qualificare il difensore come «indicatario di pagamento» ex articolo 1188 del Codice civile e, inoltre, considerato lo status del procuratore risultante già per tabulas nei mandati in calce agli atti d’appello, ha ordinato all’agenzia delle Entrate di corrispondere le spese di lite secondo la ricostruzione operata negli atti introduttivi dei giudizi (i.e. in favore del difensore), posto che il procuratore ad litem era pienamente legittimato a ricevere l’adempimento dell’obbligazione a cui l’Amministrazione finanziaria (debitrice) era stata condannata.

Le ordinanze, quindi, riconoscono che il mandato all’incasso (eventualmente previsto nella procura) e l’indicazione di pagamento ex articolo 1188 del Codice civile sono entrambe fattispecie che legittimano, al pari della distrazione ex articolo 93 del Codice di procedura civile, il difensore all’incasso delle spese di lite liquidate nelle sentenze tributarie.

Gli effetti

Tale affermazione suscita particolare interesse anche in considerazione del fatto che, in ipotesi di riforma o annullamento della sentenza di condanna alle spese, diverso è il destinatario dell’obbligo restitutorio delle somme. In particolare, nelle prime due ipotesi (i.e. mandato all’incasso e indicazione di pagamento) creditore nei confronti della parte soccombente resta il contribuente, mentre, nel caso di distrazione, titolare del lato attivo del rapporto obbligatorio diviene il difensore.

Per l’effetto, in caso di riforma o annullamento della sentenza di condanna alle spese, il mandatario all’incasso e l’indicatario di pagamento non hanno alcun obbligo di restituzione delle spese incassate in nome e per conto del contribuente; di contro, il difensore distrattario è destinatario dell’obbligo restitutorio delle somme che gli furono corrisposte dalla soccombente (sulle quali, merita ricordarlo, ha già corrisposto tributi e previdenza).

Pertanto, in quest’ultima fattispecie, il difensore è esposto al rischio di dover chiedere, a distanza di molti anni, al proprio cliente (o, peggio ancora, ex cliente) le somme che ha dovuto restituire, con evidenti complicazioni pratiche.

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