Finanza

Servizi bitcoin senza registro ma con obblighi antiriciclaggio

In attesa del decreto attuativo la Guardia di Finanza apre agli operatori. Tra i compiti la verifica della clientela e la segnalazione di operazioni sospette

Photo by André François McKenzie on Unspslash

di Valerio Vallefuoco

In Italia è possibile operare come prestatori di servizi di valuta virtuale anche se non è stato ancora istituito il Registro speciale presso l’autorità di controllo preposto dalla legge purché si rispettino le normative antiriciclaggio e sugli intermediari finanziari qualora la vendita di valute virtuali venga reclamizzata quale vera e propria proposta di investimento. Questo il senso della risposta data a Telefisco 2021 dalla Guardia di Finanza che fornisce finalmente un importante chiarimento sia per gli operatori, sia per i clienti, sia per gli eventuali investitori, sia per tutti gli intermediari vigilati siano essi bancari o finanziari, e anche per tutti gli altri soggetti obbligati all’applicazione della normativa antiriciclaggio.

Il mercato delle criptovalute è oramai rilevante sia per le quotazioni in rialzo dei Bitcoin e degli altri virtual asset più significativi sia per l’alto volume degli scambi e soprattutto per la consapevolezza degli investitori (anche quelli più piccoli) che il fenomeno delle valute virtuali non è più una novità oscura utilizzata per loschi traffici ma anche un’occasione di sperimentazione, sempre da valutare attentamente considerata la volatilità del mercato, di nuove tecnologie applicate ai servizi di pagamento e/o di investimento. Uno dei fattori che potrà comportare lo sviluppo di questo mercato sarà anche l’applicazione delle regole e delle normative antiriciclaggio ed in determinate condizioni delle normative finanziarie.

Il quesito

Il quesito avanzato dagli esperti del Sole 24 Ore nasceva dalla forte diffusione sia a livello nazionale che internazionale delle criptovalute. L’Italia effettivamente è stato tra i primi Paesi a livello europeo con il recepimento della direttiva (Ue) 2015/849 (IV direttiva antiriciclaggio) ad opera del decreto legislativo 90/2017, a inserire gli obblighi di adeguata verifica della clientela e di segnalazione di operazioni sospette a carico dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali ovvero in valute virtuali aventi corso forzoso. Anticipando, di fatto, la V direttiva AML che ha esteso gli obblighi antiriciclaggio a due nuove tipologie di soggetti individuati tra i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra le valute virtuali e valute aventi corso legale (cosiddetti exchanger) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale (custodial wallet).

La soluzione della Gdf

La normativa italiana ha previsto per tutti questi operatori però anche l’obbligo di iscrizione nella sezione speciale del registro dei cambia valute tenuto presso l’Organismo degli agenti e mediatori (Oam). Come purtroppo spesso accade il decreto ministeriale di attuazione non è stato emanato pertanto ci si è chiesti se possa essere considerata lecita l’attività senza iscrizione al registro e quali siano gli adempimenti necessari per gli operatori per evitare l’applicazione di sanzioni o addirittura procedimenti penali.

La Guardia di Finanza ha quindi precisato che, in attesa dell’emanazione del decreto di attuazione del registro speciale, i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di servizi di portafoglio digitale potranno operare. Ma rientrando nella categoria degli altri operatori non finanziari di cui all’articolo 3, comma 5, del Dlgs 231/2007 sono tenuti ad adempiere agli obblighi di adeguata verifica della clientela, alla conservazione dei dati e all’inoltro delle segnalazioni di operazioni sospette.

Proprio con riferimento dell’attività di exchanger, la Guardia di Finanza ha richiamato una recente pronuncia della Cassazione penale sulla sollecitazione e offerta al pubblico di Bitcon (sentenza 26807/20). In questo caso, che riguardava un procedimento penale per i reati di riciclaggio, indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento e abusivismo finanziario, la Cassazione aveva ritenuto che la vendita di bitcoin, reclamizzata attraverso un sito web, fosse stata equiparabile ad una vera e propria sollecitazione all’investimento al pubblico, pertanto sottoposta agli obblighi informativi previsti dal Testo unico in materia finanziaria, la cui inosservanza integrava quindi il reato di abusivismo finanziario. Partendo da questa specifica sentenza la Guardia di Finanza ritiene che l’attività di exechanger pertanto non sia sottratta alla normativa in materia di strumenti finanziari, nella misura in cui la vendita di valute virtuali venga reclamizzata quale vera e propria proposta di investimento.

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