La lotta al riciclaggio punta sui big data
Indagine della Cattolica: serve una crescita culturale. Il 46% delle operazioni è classificato erroneamente a rischio dai sistemi in uso
Intelligenza artificiale (Ai) e big data analytics sono il futuro - e in qualche caso già il presente -dell’antiriciclaggio, ma per il loro definitivo contributo all’efficacia del sistema di prevenzione serve ancora una crescita culturale – e talora di investimento – del settore.
È questa la sintesi dalla prima indagine tra le banche e gli altri soggetti obbligati in Italia sull’uso dei big data e dell’intelligenza artificiale in ambito anti-riciclaggio, studio realizzato da Crime&tech – spin-off dell’Università Cattolica del Sacro cuore-Transcrime – in partnership con Sas, e sviluppato in collaborazione tra tre mondi: ricerca accademica, soggetti obbligati e quello dei fornitori di soluzioni tecnologiche. Il campione sondato è di 43 soggetti obbligati – banche, assicurazioni, altre istituzioni finanziarie, società di gaming – corrispondenti al 46% del totale attivo del settore finanziario e dei giochi/scommesse in Italia. Secondo l’indagine, l’Ai è utilizzata soprattutto in fase di monitoraggio delle transazioni, mentre il big data analytics ha impiego più trasversale nei processi Aml. Solo il 27% ha soluzioni interamente sviluppate in-house, mentre il 73% si affida a partner esterni. Al contrario, rimane al momento limitata l’adozione di soluzioni cloud based.
Tra le fonti, prevale l'uso di informazioni proprietarie - dati su operatività e anagrafiche della clientela (rispettivamente 79% e 90% ) – e le cosiddette liste compliance – sanzioni, persone politicamente esposte/politici italiani locali, enforcement (rispettivamente 84%, 85% e 62%).
I dati societari (da registri camerali e banche dati private) non vengono invece utilizzati in maniera sistematica mentre è un problema comune la mancanza di conoscenze specifiche di data analytics nel personale addetto : per il 54% dei soggetti obbligati intervistati, il background economico-finanziario è quello prevalente, e per il 37% è di tipo legale-giuridico.
La percentuale di utilizzatori di intelligenza artificiale è molto alta tra i soggetti di maggiori dimensioni, il 92% delle aziende con più di 3.000 dipendenti contro il 39% di quelle con meno di 3.000 impiegati. Tra i soggetti obbligati che non adottano soluzioni avanzate, prevale l’utilizzo di modelli e strumenti Aml tradizionali, in particolare l’utilizzo di motori inferenziali e di regole deterministiche. In casi più limitati, l’attività Aml è affidata a controlli manuali.
Il Big data analytics è impiegato invece dal 56% degli utenti di soluzioni tecnologiche avanzate, mentre il 17% lo sta attualmente testando o ne sta attendendo l’implementazione.
L’analisi testuale risulta in uso da parte del 47% degli utenti di soluzioni avanzate, in fase di test o valutazione di adozione per un ulteriore 12 per cento. L’indagine conferma però l’elevato numero di falsi positivi. In media il 46% delle operazioni e/o clienti è classificato erroneamente come a rischio dai sistemi Aml in uso, mentre un terzo del campione intervistato dichiara di avere un tasso di falsi positivi tra il 61% e il 100 per cento. In particolare, tassi più elevati di falsi positivi si registrano soprattutto nel settore assicurativo e bancario.
Il maggior ostacolo all’adozione di soluzioni tecnologiche innovative dipende dai costi elevati, seguiti dalle difficoltà nell’integrazione delle nuove soluzioni con i sistemi attualmente in uso e di personalizzazione delle soluzioni disponibili sul mercato. Servirebbero quindi incentivi di natura economica come sgravi fiscali per investimenti in questo ambito, misure reputate efficaci dalla maggioranza degli interpellati (68%).