Il CommentoContabilità

Lo scudo sulle perdite rischia di diventare un boomerang

L’articolo 6 del Dl liquidità 23/20, convertito nella legge 40/20, prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ( 9 aprile 2020) e fino al 31 dicembre 2020, in caso di perdite verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro tale data, non trovino applicazione gli articolo 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482 bis, commi 4, 5 e 6 e 2482 ter del Codice civile in materia di riduzione del capitale per perdite e riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale.

Per lo stesso periodo non opera anche la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, comma 1, n. 4) e 2545-duodecies del Codice civile.

La norma in sostanza “sterilizza” gli obblighi ai quali attenersi in presenza di un deficit patrimoniale significativo.

Il tema pone diverse riflessioni. Iniziamo col dire che non vi è obbligo di ripianare le perdite che si manifestano nel periodo dal 9 aprile al 31 dicembre 2020.

Esercizi chiusi prima del 9 aprile 2020

Chi ha un esercizio che chiude prima del 9 aprile 2020 (per esempio 31 marzo), non potrà disapplicare le disposizioni in materia di perdite e, stesso si dica, per chi ha una chiusura successiva al 31 dicembre 2020.

Esercizi chiusi prima del 23 febbraio

Chi poi ha un termine di chiusura dell’esercizio anteriore al 23 febbraio 2020, sarà difficile che possa far valere la deroga prevista dall’articolo 7, in tema di valutazione delle voci di bilancio secondo il principio del going concern, tema su cui l’Organismo italiano di contabilità (Oic) ha pubblicato il 3 giugno il documento interpretativo n. 6 «decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 - Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio».

Gli esercizi sociali successivi

Un secondo aspetto riguarda gli esercizi sociali successivi a quelli in cui le norme prima richiamate sono disapplicate.

Gli amministratori, approvato il bilancio senza obbligo di intervento sul capitale, si troveranno a dover gestire nel corso del nuovo esercizio una situazione complicata nel caso in cui la perdita, nel frattempo, non sia stata riassorbita.

La responsabilità degli amministratori

La questione è delicata perché coinvolge la responsabilità degli amministratori in merito alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale nel caso di un potenziale aggravamento della situazione, con la necessità di verificare tempestivamente se la società versi o meno in una situazione di crisi, valutando le possibilità di risolverla, anche con l’ausilio di immissioni di capitale da parte dei soci (non scontato), o diversamente avviare le opportune procedure concorsuali.

Oggettivamente, la pandemia Covid-19 difficilmente consentirà a molte imprese il recupero della piena attività nel breve termine.

Si profilano tempi difficili, in uno scenario che sarà segnato da una crisi economica i cui effetti sono allo stato ignoti, ma soprattutto che non si risolverà in tempi rapidi, per cui il legislatore, anche per correggere una norma di complessa interpretazione, dovrebbe consentire termini più ampi e un apposito “scudo” da responsabilità per gli amministratori.

Modifiche auspicabili con i nuovi interventi

Sotto questo aspetto potrebbe essere opportuno in occasione dei prossimi provvedimenti legislativi prevedere:

a) da un lato, per i bilanci chiusi successivamente al 31 dicembre 2019, di adottare (per rinvio) la disciplina specifica delle start-up (comma 1 dell’articolo 26, Dl 179/12), beninteso se derivanti dagli effetti della pandemia Covid-19, che dispone:

1. in caso di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, la possibilità di riportare la perdita sotto tale limite entro il secondo esercizio successivo a quello in cui si è verificata;

2. in caso di perdite che riducano il capitale sociale al di sotto del minimo legale, attendere la chiusura dell’esercizio successivo per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento dello stesso a una cifra che non sia inferiore al minimo legale, salvo trasformare o liquidare la società;

b) da altro lato, considerare uno “scudo” per l’organo di gestione (esteso agli organi di controllo) con disapplicazione dei corrispondenti disposizioni del codice civile (come modificati dal codice della crisi), nei periodi sopra considerati, chiaramente se non hanno agito con dolo.

Non intervenire sulla disposizione in esame, significa aprire in futuro un vaso di pandora, con conseguenti problematiche implicazioni.