Contabilità

La scelta del metodo non è neutrale

La modalità utilizzata impatterà sulla durata del periodo di ammortamento del bene e sull’ammontare degli ammortamenti a conto economico.

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di Massimo Foschi e Francesco Nobili

Per quanto concerne le modalità di effettuazione della rivalutazione, l’articolo 110 del decreto Agosto richiama le disposizioni contenute nell’articolo 11, legge 342/2000, nonché nel Dm 162/2001. Pertanto, come anche nelle edizioni passate, la rivalutazione potrà essere realizzata secondo le seguenti modalità:

1) rivalutazione del solo costo storico;

2) riduzione del fondo di ammortamento;

3) rivalutazione del costo storico e del fondo ammortamento.

La modalità utilizzata impatterà sulla durata del periodo di ammortamento del bene, nonché sull’ammontare degli ammortamenti imputati a conto economico (con eventuale rilevanza fiscale in caso di pagamento dell’imposta sostitutiva), tenendo sempre in considerazione (si veda in tal senso anche il documento interpretativo n.5 dell’Oic dell’aprile 2019) che la rivalutazione di per se stessa non comporta una modifica della vita utile del bene, la quale dovrà in ogni caso essere oggetto di analisi da parte degli organi sociali.

In linea generale, la rivalutazione del valore lordo (ipotesi 1) può determinare sia il mantenimento (qualora venga proporzionalmente aumentato il coefficiente di ammortamento) sia, più verosimilmente, il prolungamento della durata del periodo di ammortamento (qualora il coefficiente rimanga immutato).

La rivalutazione operata attraverso la riduzione del fondo di ammortamento (ipotesi 2) determina invece di norma (a coefficiente immutato) un allungamento del periodo di ammortamento.

La rivalutazione proporzionale del valore lordo dei beni e del relativo fondo di ammortamento (ipotesi 3), consentirebbe invece di ammortizzare il bene secondo il piano originario.

Ipotizzando di mantenere invariato il coefficiente di ammortamento (tenuto conto che tale valore è spesso allineato al massimo consentito dalla normativa fiscale) i tre metodi sopra illustrati conducono all’imputazione di quote di ammortamento differenti.

Riprendendo l’esempio numerico contenuto nelle circolari dell’Agenzia 14/E/2017 e 13/E/2014 (quelle precedenti si limitavano a descrivere le modalità senza proporre esempi numerici) l’impostazione appare lineare in relazione al metodo 1) ed al metodo 2), mentre non del tutto congruente rispetto al terzo metodo (che potrebbe rivelarsi invece il più “efficiente” dal punto di vista fiscale).

Si ipotizzi infatti un bene avente valore contabile di 5.000, un fondo ammortamento di 2.500 (aliquota 10%), valore netto contabile di 2.500 ed un valore economico di 4.500 (con conseguente importo rivalutabile pari a 2.000)

Come evidenziato nel grafico, il metodo 3) permetterebbe di mantenere inalterata l’originaria durata del processo di ammortamento in caso di rivalutazione proporzionale del valore lordo dei beni e del relativo fondo attraverso un incremento del costo originario del bene di 4.000 (5.000 x 80% = 4.000) e del relativo fondo (2.500 x 80% = 2.000), considerando che l’importo rivalutabile (2.000) è pari all’80% del valore netto contabile (2.500).

Cosi operando il valore netto contabile post rivalutazione sarà in ogni caso pari al valore economico (4.500) mantenendo invariata la durata decennale dell’originario ammortamento (aliquota 10%) e con un ammortamento annuo pari a 900.

Il medesimo caso illustrato nei documenti di prassi amministrativa, dove il valore del bene viene incrementato del 30% (portandolo a 6.500) ed il fondo ridotto del 20% (portandolo a 2.000), non pare invece condurre all’obbiettivo dichiarato in quanto con un ammortamento annuo di 650 (sempre con aliquota del 10%) la durata complessiva si attesterebbe a 12 anni. Il metodo proposto, conducendo a un ammortamento potenzialmente deducibile più elevato (900 contro 650 nell’ipotesi prospettata) meriterebbe una conferma da parte del Fisco.

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