I temi di NT+Fisco e software

Versamenti sospesi, sui requisiti serve chiarezza per evitare errori ai contribuenti

Opportune regole certe per il calcolo, a cui poi si dovrà attenere l’Agenzia per i controlli

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di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware

Nella precedente uscita di «Fisco e software» avevamo provato a fare qualche riflessione su una delle principali novità contenute nel decreto liquidità (Dl 23/2020) - quella che riguarda la sospensione dei versamenti - e in particolare sui requisiti necessari per l’ammissione al regime di sospensione per i mesi di aprile e maggio 2020.
La verifica di tali requisiti si fonda sulla condizione che il contribuente abbia subito una diminuzione di fatturato o di corrispettivi di almeno il 33% (o del 50% per i soggetti di maggiori dimensioni, con ricavi o compensi superiori ai 50 milioni di euro) rispettivamente nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 (per la sospensione di aprile), ovvero nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 (per la sospensione di maggio).

In sostanza, per poter fruire della sospensione dei versamenti per i mesi di aprile e maggio 2020:
occorre confrontare il fatturato e i corrispettivi distintamente per i due mesi (marzo e aprile) dei due anni interessati (2019 e 2020);
si prescinde dall’incasso, anche per professionisti e per le contabilità semplificate.

Con l’occasione avevamo genericamente affermato che, per determinare il fatturato, avremmo dovuto far riferimento alle risultanze Iva, essendo proprio l’articolo 21 del Dpr 633/1972, titolato «Fatturazione delle operazioni», a disciplinare l’emissione delle fatture.

I chiarimenti delle Entrate
Nel frattempo l’agenzia delle Entrate si è pronunciata, in via interpretativa, con la circolare 9/E/2020 fornendo alcune precisazioni circa la corretta accezione di fatturato, così come - seppure in qualche caso in termini dubitativi - si è espressa la Fondazione nazionale dei commercialisti nel suo documento di ricerca «Le novità dei decreti sull’emergenza da Covid-19» del 15 aprile 2020.

Grazie a tali pronunciamenti, sappiamo ora con certezza che il calcolo del fatturato e dei corrispettivi va eseguito prendendo a riferimento le operazioni effettuate nei mesi di marzo e aprile - fatturate o certificate - che hanno partecipato alla liquidazione periodica del mese di marzo 2019 (rispetto a marzo 2020) e del mese di aprile 2019 (rispetto ad aprile 2020), cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini Iva.

Sappiamo anche che la data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell’operazione, che per le fatture immediate e i corrispettivi è, rispettivamente, la data della fattura e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei Ddt o dei documenti equipollenti richiamati in fattura.
Inoltre, tra le operazioni fatturate vanno incluse anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi per le quali è stata emessa fattura nel mese di riferimento, ma che non abbiano comportato l’addebito dell’imposta, ad esempio quelle emesse in regime di esenzione o non imponibilità.
È stato infine chiarito che nei casi in cui non sussista l’obbligo della emissione della fattura o dei corrispettivi (come, ad esempio, per le operazioni previste all’articolo 74 del Dpr 633/1972), il riferimento al fatturato e ai corrispettivi può essere esteso ai ricavi e compensi, che possono quindi essere assunti ai fini della verifica della diminuzione cui collegare il beneficio della sospensione.

Le questioni aperte
Fin qui i chiarimenti, ma ora veniamo ai dubbi. Se è vero che vanno computate le operazioni rilevanti ai fini Iva - quindi non solo quelle imponibili, ma anche quelle non imponibili ed esenti - qualche perplessità in più l’abbiamo se tra gli importi fatturati vi sono quelli all’articolo 15, comma 3, del Dpr 633/1972, ossia le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, regolarmente documentate. Sull’inclusione delle stesse, probabilmente, pochi potrebbero essere d’accordo, ancorché tali somme siano indicate espressamente in fattura.

Così come l’abbiamo in relazione a due operazioni normalmente fatturate, che però vanno a diminuire il volume d’affari Iva, ossia i passaggi interni e le cessioni di beni ammortizzabili.
Se sui passaggi interni grossi dubbi circa l’esclusione dal computo del fatturato rilevante potrebbero non esserci, stante la virtualità di tale tipologia di operazione, qualche dubbio in più lo potremmo avere circa le cessioni di beni ammortizzabili, che però non concorrono neppure ai ricavi, per cui anche in questo caso grossi dubbi circa la loro esclusione non dovrebbero esserci. Ma non abbiamo neppure certezze.

Per ingenerare ulteriore confusione, è curioso anche il fatto - come sottolineato nel documento della Fondazione nazionale dei commercialisti - che il termine «fatturato» sia altresì stato utilizzato, nell’articolo 1 «Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese» del medesimo Dl 23/2020, anche in relazione alla determinazione dell’importo del prestito assistito da garanzia. Sul punto la norma fa riferimento alla nozione di «fatturato …, come risultante dal bilancio», con l’utilizzo di una locuzione che lascia un po’ perplessi e probabilmente andrebbe rettificata. Se così non fosse, infatti, perderemmo ogni certezza circa il riferimento del termine «fatturato» all’ambito Iva. Dunque, tanti dubbi, ancorché di fatto esclusivamente operativi, che rendono difficoltosa la quantificazione corretta del coefficiente di riduzione del fatturato.

Quantificazione che peraltro in futuro dovrà essere effettuata, per obbligo di legge, dalla stessa agenzia delle Entrate, in quando viene espressamente previsto dall’articolo 18, comma 9, del Dl 23/2020, che ai fini dell’espletamento dell’attività di verifica, l’Inps, l’Inail e gli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, dovranno comunicare all’agenzia delle Entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno effettuato la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi di assicurazione obbligatoria.

Successivamente, l’agenzia delle Entrate dovrà comunicare agli enti previdenziali l’esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti sul fatturato e sui corrispettivi e per farlo dovrà anche lei calcolare la riduzione del fatturato.

Viene naturale chiedersi come effettuerà tale calcolo l’agenzia delle Entrate. Rideterminerà virtualmente, sulla base delle fatture in suo possesso, il rigo VE50 del volume d’affari su base mensile, importo che è già al netto del rigo VE40 Cessioni di beni ammortizzabili e passaggi interni? E sottrarrà (oppure no) anche il rigo VE34 Operazioni non soggette all’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies, in quanto fuori campo Iva?

Attività preventiva e non successiva
Nella precedente uscita della rubrica si era affermato che, grazie alla fatturazione elettronica, obbligatoria dal 2019, ma anche ai corrispettivi elettronici il cui obbligo generalizzato è già operativo dal 2020, svolgere quest’attività sarebbe risultato piuttosto semplice per l’agenzia delle Entrate, avendo già a disposizione tutte le informazioni necessarie.

Considerate comunque tutte le attenuanti del caso legate alla particolare situazione d’urgenza con cui è intervenuto il Legislatore, sarebbe stato però importante che questa attività fosse stata svolta ex ante e non ex post, per evitare errori ai contribuenti. Oppure, perlomeno, che fossero state fornite già da subito regole chiare per l’elaborazione corretta del calcolo, le stesse regole che poi dovrà utilizzare l’agenzia delle Entrate per i controlli.

Anche perché neppure coloro, come le aziende associate ad AssoSoftware, che predispongono software gestionale per aiutare le aziende e i consulenti che li assistono, sono in grado di fornire un servizio adeguato in assenza di regole chiare.