Imposte

Holding, test delle percentuali minime sull’intera catena partecipativa

Quesito sul conferimento della nuda proprietà della quota di una capogruppo. La disposizione è inapplicabile con una società quotata

di Paolo Scarioni e Antonio Fiorentino Martino

Con una risposta a interpello emessa in data 15 febbraio 2021 (e non ancora pubblicata), l’agenzia delle Entrate ha preso posizione su un aspetto cruciale del regime del “realizzo controllato” regolato dall’articolo 177, comma 2-bis del Tuir. La vicenda aveva a oggetto il conferimento della nuda proprietà della quota di una holding, la quale deteneva una partecipazione in una società quotata, a sua volta titolare di una pluralità di partecipazioni. Nel solco delle conclusioni espresse nella recente risposta a interpello n. 57, pubblicata lo scorso 27 gennaio, l’Amministrazione ha chiarito che il test delle percentuali minime, allorché oggetto del conferimento sia – come nella fattispecie esaminata – la partecipazione in una holding, deve riguardare l’intera catena partecipativa anche a valle della società quotata.

Come si ricorderà, la legge impone che la soglia del 2 o del 20% dei diritti di voto, o in alternativa quella del 5 o del 25% della partecipazione al capitale o al patrimonio (a seconda che si tratti di titoli quotati o meno), debba essere riferita non già alla partecipazione diretta nella holding, bensì a “tutte” le società operative che sono, attraverso quest’ultima, indirettamente partecipate dal conferente.

L’intento è chiaro e condivisibile: si vuole evitare che il conferimento di partecipazioni “sopra soglia” in una holding permetta di estendere il regime del realizzo controllato anche a partecipazioni “sotto soglia” detenute proprio dalla holding (le quali, in caso di conferimento diretto, non potrebbero beneficiare del regime suddetto).

Secondo l’interpretazione fornita dalle Entrate, il test delle percentuali minime deve essere svolto non solo con riguardo alle società operative direttamente partecipate dalla holding (o dalla subholding), ossia alle partecipate operative “di primo livello”, bensì anche con riferimento a tutte le operative da queste ultime a loro volta partecipate, senza limiti “verticali” (e, dunque, anche per le partecipate operative “di secondo livello”, o dei livelli ancora successivi).

Tale conclusione viene supportata dal richiamo alla formulazione letterale della norma, la quale – mediante il riferimento a “tutte le società indirettamente partecipate”, e alla “demoltiplicazione” – non sembra consentire alcun arresto nella progressione della catena partecipativa.

È evidente come l’impostazione delle Entrate determini un’incoerenza nell’ambito applicativo del comma 2-bis, poiché riserva ai conferimenti di partecipazioni in una holding un trattamento più sfavorevole rispetto ai conferimenti diretti di partecipazioni in società operative: per questi ultimi non è affatto richiesto che il test delle percentuali minime debba essere svolto anche in relazione a tutte le società dei livelli inferiori. Si tratta, a ben vedere, di una disparità del tutto ingiustificata sotto il profilo della ratio della norma.

Sul piano pratico, poi, una simile interpretazione rende la disposizione quasi sempre inapplicabile laddove, come nella fattispecie oggetto di interpello, a un certo punto della catena partecipativa si trovino società quotate: queste si inseriscono solitamente in gruppi molto ampi, in relazione ai quali è impossibile, al momento del conferimento, avere contezza di tutti i rapporti partecipativi esistenti ai molteplici livelli sottostanti.

Sarebbe opportuno un intervento normativo; esso dovrebbe essere finalizzato a eliminare la disparità di trattamento prima delineata, stabilendo che:

a) per i conferimenti di partecipazioni in una holding la verifica delle soglie minime deve arrestarsi alle società operative “di primo livello”;

b) per le società quotate sussiste sempre una presunzione di commercialità, che impedisce di “guardare” ai livelli sottostanti. Quest’ultimo aspetto assumerebbe rilievo anche ove oggetto immediato del conferimento fosse una partecipazione in una società quotata, in relazione alla quale resterebbe del tutto ininfluente la sua eventuale qualifica di holding.

La novella legislativa potrebbe essere l’occasione per precisare che, sempre in relazione ai conferimenti di partecipazioni in società holding, ai fini del test delle percentuali minime non devono essere considerate eventuali “partecipazioni”, possedute dalla holding stessa, che siano classificate nell’attivo circolante.

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