Imposte

Buoni postali esenti dalla sostitutiva del 12,5% con la residenza white list

La risposta a interpello 109: il risparmiatore deve dimostrare di aver posseduto i requisiti per l’esenzione

di Marco Piazza e Valentino Tamburro

I buoni postali emessi dal 1° gennaio 1997 e riscossi da soggetti non residenti fiscalmente in Italia sono esenti dall’imposta sostitutiva del 12,5% solo se il risparmiatore dimostra di aver posseduto i requisiti per l’esenzione (articolo 6 del Dlgs 239 /1996) per tutto il periodo di detenzione del buono. I requisiti richiesti sono che gli investitori siano soggetti residenti in Paesi white list.

La risposta a interpello 109/2021 del 15 febbraio delle Entrate ha affrontato la tematica della tassazione dei buoni postali, disciplinata, tra l’altro, dal decreto interministeriale n. 511 del 1998. La risposta è coerente con un’interpretazione letterale dell’articolo 4 del Dm 511, il quale prevede che il diritto all’esenzione spetti solo nel caso in cui le condizioni per fruire dell’esenzione sussistano per tutto il periodo di detenzione del titolo.

Poste italiane Spa deve, pertanto, acquisire un’attestazione rilasciata dalle competenti autorità fiscali del Paese in cui il beneficiario degli interessi dei buoni postali fruttiferi ha la residenza, dalla quale risulti la sussistenza delle condizioni, redatta in conformità a un apposito modello ministeriale (che, per inciso, dall’emanazione del Dm 12 dicembre 2001, non richiede più l’attestazione delle autorità fiscale, ma ha la forma di una semplice autocertificazione).

Da un punto di vista pratico, l’onere di compliance in capo al risparmiatore, nella maggior parte dei casi, risulta essere sicuramente non proporzionato rispetto al beneficio spettante. Si prenda l’esempio di un buono postale ordinario del valore di lire 1 milione, emesso il 1° febbraio 1999 e riscosso nel corso del mese di febbraio 2021. Nel caso in cui il risparmiatore non residente intenda usufruire del regime di esenzione fiscale, ed ottenere quindi un montante di 1281,31 euro, al fine di non vedersi applicata la ritenuta fiscale di 95,61 euro, dovrebbe dimostrare di essere stato residente in uno Stato estero per tutto il periodo di detenzione del buono postale, pari a 22 anni.

Si deve osservare che il decreto ministeriale non è coerente con il sistema normativo. I redditi di capitale sono tassabili al momento della percezione e l’articolo 6 del Dlgs 239 del 1996 pone come sola condizione che i redditi siano “percepiti” da soggetti in possesso dei requisiti. Vi sono eccezioni alla regola, previste dalla normativa primaria. Ci si riferisce al caso dei proventi dei fondi comuni italiani in relazione ai quali non possono usufruire dell’esenzione i proventi “maturati” in periodi di imposta in cui l’investitore stesso non presentava i requisiti all’articolo 6 (articolo 26-quinquies del Dpr 600/73 e circolare 19/E del 2013, paragrafo 2.3). Pertanto, il decreto ministeriale 511 eccede, in senso restrittivo, gli oneri documentali imposti dalla legge.

Sarebbe certamente opportuno un intervento normativo che renda la tassazione dei proventi dei Bpf più aderente al sistema e che non ponga a carico dell’investitore oneri documentali impossibili da attuare.

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