Controlli e liti

Consolati, non vanno tassati in Italia i redditi dei funzionari

La sentenza 1932/7/2020 della Ctp Milano boccia la tesi delle Entrate in contrasto con la Convenzione di Vienna

di Antonio Longo

I redditi dei funzionari consolari argentini per i servizi prestati in Italia non sono tassati nel nostro Paese in quanto esenti ai sensi della normativa domestica e internazionale. È quanto stabilito dai giudici della Commissione tributaria provinciale di Milano nella sentenza 1932/7/2020 dello scorso 22 ottobre.

Il caso oggetto della pronuncia dei giudici meneghini riguarda il regime fiscale dei redditi di lavoro dipendente percepiti, per gli anni dal 2014 al 2016, da una cittadina argentina impiegata in Italia presso il Consolato generale della Repubblica Argentina. Sulla medesima vicenda si era espressa la stessa Commissione tributaria in relazione alle due annualità precedenti con sentenza passata in giudicato (n. 5270/2019). Nel caso di specie l’agenzia delle Entrate contestava la mancata tassazione, nel nostro Paese, della retribuzione pagata dal consolato straniero in virtù di una particolare interpretazione dell’articolo 19 («funzioni pubbliche») della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Argentina. Secondo la tesi di parte pubblica, questi redditi sarebbero dovuti essere sottoposti a tassazione ai fini dell’Irpef in quanto la residenza fiscale italiana del funzionario non era stata acquisita in connessione con la prestazione lavorativa svolta, ma in un momento precedente. Circostanza che, secondo l’Agenzia, era sufficientemente dimostrata dal fatto che la funzionaria avesse spostato la residenza fiscale in Italia fin dal giugno del 1975, cominciando però formalmente a prestare servizio presso il consolato argentino solo nel 1979.

I giudici hanno però ritenuto infondata la tesi delle Entrate. In primo luogo, infatti, la funzionaria – il cui status non è mai stato messo in discussione – ha dato dimostrazione che sin dal proprio trasferimento si era occupata dell’avvio del nuovo ufficio per le relazioni commerciali del consolato. Inoltre, in punto di diritto, le argomentazioni dell’Agenzia sono state ritenute in palese contrasto con quanto previsto dall’articolo 49 della Convenzione di Vienna sulle Relazioni consolari del 1963, ratificata dall’Italia con la legge 804/1967. La norma pattizia accorda una specifica esenzione da imposizione per i funzionari consolari anche nel caso in cui siano residenti in un Paese diverso da quello di cui sono cittadini. L’esenzione riguarda i redditi percepiti nello svolgimento del proprio incarico, mentre non vi rientrano i redditi derivanti da investimenti personali quali immobili e attività finanziarie.

La Ctp sottolinea poi che nello stesso senso depone anche la normativa domestica e, in particolare, l’articolo 4, comma 1, del Dpr 601/1973. Questa disposizione stabilisce chiaramente che i redditi degli ambasciatori e degli agenti diplomatici degli Stati esteri accreditati in Italia e derivanti dall’esercizio della loro funzione sono esenti da imposizione reddituale. La medesima esenzione si applica, a condizione di reciprocità, anche ai consoli, agli agenti consolari e agli impiegati delle rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati esteri, che non siano cittadini italiani.

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