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Ammortizzatori sociali, primo passo per gli autonomi con Iscro

L’ammortizzatore sociale a favore dei soggetti in partita Iva iscritti alla Gestione separata Inps è stato recepito dalla legge di Bilancio 2021

di Gaetano Stella

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha definitivamente messo a nudo, se ce ne fosse stato bisogno, la debolezza del sistema di protezione sociale a favore dei liberi professionisti e, in generale, di tutti i lavoratori autonomi.

Se per i lavoratori dipendenti gli effetti della pandemia sono stati circoscritti mediante l'utilizzo straordinario dei classici ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti, per gli autonomi si è dovuto ricorrere a strumenti inediti quali le indennità e i contributi a fondo perduto.

Strumenti peraltro non esenti da critiche, considerando che il modello declinato attraverso la pluralità di decreti emergenziali ha generato, a causa di una ripartizione delle risorse iniqua e spesso inefficace, effetti paradossali, penalizzando soprattutto i professionisti, inspiegabilmente esclusi, almeno fino a oggi, da fondo perduto e ristori.

Al di là dei limiti e delle criticità della decretazione emergenziale, tuttavia, è indubbio come nel corso della pandemia siano prepotentemente emerse le contraddizioni e l’inadeguatezza di un sistema di protezione sociale costruito sul dualismo tra i cosiddetti garantiti (dipendenti) e i non garantiti, riportando alla luce le ragioni che nel 2017 condussero all’approvazione dello statuto del lavoro autonomo.

Sia chiaro: non si tratta di ridurre le tutele a chi le ha, ma piuttosto di introdurle e incrementarle a coloro che oggi ne sono privi, costruendo un modello di welfare effettivamente universale.

Nasce anche con questo obiettivo la Consulta del lavoro autonomo e delle professioni insediata presso il Cnel, Consulta a cui si deve l'elaborazione del disegno di legge che, tra le altre cose, ha declinato un ammortizzatore sociale a favore dei soggetti in partita Iva iscritti alla Gestione separata Inps. Tale strumento, denominato Iscro, è stato recentemente recepito dalla legge di bilancio 2021, segnando un punto di svolta storico: per la prima volta, infatti, viene riconosciuto dall'ordinamento giuridico italiano il principio, già sancito dalla Corte di giustizia europea, che anche il lavoratore autonomo ha diritto a essere sostenuto in caso di cessazione o riduzione significativa dell'attività a causa di ragioni indipendenti dalla sua volontà.

In tal senso, l’Iscro persegue l'obiettivo di garantire una continuità reddituale a coloro che, a causa di un significativo calo del reddito professionale, rischino di interrompere l’attività o di abbandonarla definitivamente. A tal fine, lo strumento si estrinseca in due componenti fondamentali: una indennità monetaria, rapportata al volume dei redditi dichiarati nell’anno precedente a quello di crisi, e un percorso di politica attiva da realizzare con l’ausilio delle istituzioni competenti. Analogamente alle misure della medesima natura, anche l'Iscro costituisce uno strumento di natura assicurativa, finanziato attraverso la contribuzione dei potenziali beneficiari.

Pur considerando tutti i limiti derivanti dalla costruzione di uno strumento inedito, non si comprendono le ragioni di alcune critiche mosse all’Iscro, quali, ad esempio, il significativo incremento della contribuzione e l'esiguo numero dei beneficiari. In entrambi i casi è agevole rispondere con i numeri: su un reddito di 20mila euro l’incremento dell'aliquota contributiva (+0,26% il primo anno, +0,51% a regime) comporterà maggiori contributi annui (peraltro deducibili) di 52 e 102 euro, rispettivamente il primo anno e a regime; mentre la relazione tecnica stima ben 41mila beneficiari nel 2021 e 9.500 l'anno a regime, su una platea complessiva di circa 290mila iscritti.

Si concorda, invece, con chi sollecita l’implementazione di uno strumento analogo anche per gli iscritti alle Casse professionali: l’approvazione dell'Iscro, infatti, denota l'esigenza di garantire un sistema di welfare universale a tutti i lavoratori indipendenti. In tale contesto, tuttavia, occorrerà che le Casse siano messe nelle condizioni di rispondere alla sfida del welfare, superando l’iniquo e anacronistico meccanismo della doppia imposizione sui rendimenti.