Imposte

Per le Spac l’agevolazione slitta al secondo tempo

di Alessandro Germani

È sempre più frequente il lancio di Spac (Special purpose acquisition company), iniziative di investimento non dissimili da quelle di private equity. Poiché questa modalità comporta la quotazione in borsa (Ipo) dell’impresa target, essa si ricollega da un lato al credito d’imposta per le quotazioni e dall’altro allo sviluppo dei Pir.

Una Spac è un’iniziativa lanciata da un gruppo di promotori per quotare una newco e raccogliere le risorse per completare, in un arco fra i 12 e i 24 mesi, l’acquisizione di una target (cosiddetta «business combination»). Il passaggio successivo consiste nella fusione per incorporazione della newco con la target, che in tal modo viene ad essere quotata. Quindi la fusione diretta è più frequente rispetto all’inversa.

La Spac è assimilabile ad un intervento di private equity (Pe), in particolare al leveraged buyout che prevede la fusione per incorporazione di newco e target, ma non comporta ricorso alla leva finanziaria. Mentre poi le operazioni di Pe, per via delle classiche clausole di covendita comportano spesso situazioni di elevata conflittualità fra il fondo e l’imprenditore, di contro la Spac, nella quale si può beneficiare dell’exit naturale data dalla possibilità di vendere le azioni sul mercato, mitiga questi conflitti.

Inoltre, l’investitore di un fondo di Pe non conosce la potenziale target, a differenza della Spac in cui potrà avere una maggiore visibilità sulla business combination; il recesso consente poi di poter rientrare in possesso delle risorse investite senza perdite. Dal lato dell’imprenditore, la Spac ha il vantaggio di poter negoziare la quotazione con i promotori, rispetto alle incertezze tipiche della fase di bookbuilding del processo di Ipo. Lo svantaggio è invece legato al possibile effetto di diluizione provocato dalla conversione dei warrant che sono assegnati assieme alle azioni, ma la stessa è controbilanciata dal potenziale incremento del prezzo delle azioni.

Guardando alle novità fiscali, va considerato che lo sviluppo dei Pir richiede, per poter beneficiare della detassazione, che il 21% del piano riguardi imprese non incluse nell’indice Ftse Mib o indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri. Si tratta delle imprese quotate all’Aim, che rappresenta la destinazione naturale della business combination di una Spac. Quindi, la Spac è in grado di incrementare l’accesso all’Aim di molte imprese. Queste potranno essere inserite in un fondo Pir compliant. La presenza del warrant, che consente di investire in ulteriori azioni e che non si qualifica come derivato, non dovrebbe inficiare l’agevolazione del Pir.

Il credito d’imposta del bonus quotazioni non dovrebbe spettare alla Spac che, per sua natura, si limita a raccogliere denaro. Tuttavia, considerato che poi la stessa implica la quotazione della business combination, potrebbe avere un senso che l’agevolazione possa trasmettersi alla target una volta che questa sia quotata. Sul mercato si sta registrando l’utilizzo di una modalità alternativa, quella della prebooking company. In questo caso la newco emette obbligazioni che saranno convertite in azioni della società oggetto di quotazione.

Quindi, prima si identifica la target e poi si effettua la quotazione. Il processo appare più rapido in quanto, in assenza di fusione e limitandosi ad una mera conversione delle obbligazioni in azioni, non vi è il termine di 60 giorni per l’opposizione dei creditori. La fusione comporta poi, tipicamente, l’insorgere di un disavanzo che va imputato al maggior valore dei cespiti o ad avviamento. Essendo l’operazione fiscalmente neutra, i relativi ammortamenti saranno indeducibili, a meno che non si opti per il riallineamento dei valori fiscali con quelli civilistici. Ma questo risulta oggi di scarsa convenienza in presenza di un’aliquota Ires del 24%. Bypassando quindi la fusione, la prebooking company appare un’evoluzione della Spac.

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