Contabilità

Fusione e scissione dell’impresa sociale previo «avviso»

di Gabriele Sepio

Pubblicato in Gazzetta il Dm Lavoro del 27 aprile 2018 che disciplina le procedure per l’autorizzazione delle operazioni straordinarie delle imprese sociali e le modalità di comunicazione dei beneficiari della devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento o perdita volontaria della qualifica.

La norma si applica a tutte le imprese sociali, salvo quanto previsto per le cooperative, per le quali si fa rinvio al Codice civile (che prevede un apposito sistema di controlli, diverso da quello esercitato dal ministero). Per quanto riguarda gli enti religiosi che abbiano istituito un ramo impresa sociale, le procedure si applicano alle sole attività di interesse generale indicate nell’apposito regolamento (fatta eccezione per le norme in tema di devoluzione).

Il provvedimento stabilisce che per le trasformazioni, fusioni, scissioni e cessioni d’azienda, l’organo di amministrazione è tenuto a informare il ministero del Lavoro dell’intenzione di procedere all’operazione straordinaria almeno 90 giorni prima dell’assemblea chiamata ad approvare la delibera, allegando la situazione patrimoniale degli enti coinvolti e una relazione degli amministratori che illustri modalità, ragioni e possibili evoluzioni dell’operazione straordinaria. La situazione patrimoniale allegata dovrà risalire a una data non anteriore di oltre 120 giorni rispetto a quella di convocazione dell’organo competente a deliberare sull’operazione (nelle ipotesi di trasformazione o cessione) o rispetto a quella di deposito del progetto (nelle ipotesi di fusione o scissione). In caso di mancata risposta nei 90 giorni, scatta il silenzio-assenso. Il ministero dovrà effettuare le proprie valutazioni tenendo conto della necessità che a seguito dell’operazione straordinaria sia preservata l’assenza dello scopo di lucro e il perseguimento delle finalità di interesse generale.

Rispetto alle previgenti linee guida, viene meno la richiesta di parere non vincolante all’agenzia delle Onlus, ormai soppressa. Il Dm contempla, inoltre, la possibilità di cessione del ramo di azienda (prima ammessa in via interpretativa). In caso di cessione dell’azienda o di un suo ramo alla comunicazione al ministero dovrà essere allegata, oltre alla situazione patrimoniale e alla relazione degli amministratori, una relazione giurata redatta da un esperto designato dal Tribunale.

Il decreto si occupa anche della devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento volontario dell’ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale. In questo caso spetterà all’organo di amministrazione indicare al ministero l’ente beneficiario e il patrimonio oggetto della devoluzione. Al fine di assicurare continuità nella destinazione dei beni ad attività di interesse generale, il beneficiario dovrà essere un alto ente del Terzo settore purché costituito e operante da almeno tre anni. In alternativa, il patrimonio potrà essere devoluto ai fondi costituiti da enti associativi riconosciuti cui aderiscono almeno mille imprese sociali di almeno cinque diverse regioni o provincie, oppure alla Fondazione Italia Sociale. Restano escluse le attività d’impresa svolte dagli enti religiosi per il tramite di un patrimonio destinato: in questi casi il legislatore non ha previsto vincoli specifici per la devoluzione del patrimonio in fase di scioglimento volontario o perdita della qualifica.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©