Imposte

Affrancamento per i non residenti se prevalgono gli immobili in Italia

La legge di Bilancio potrebbe indirettamente ampliare la platea degli interessati. Per le partecipazioni la scelta conviene se la plusvalenza supera il 160% del costo

di Giorgio Gavelli

Dopo anni di sostanziali riaperture dei termini, solo talvolta caratterizzate dall’incremento dell’aliquota di imposta sostitutiva (che dagli originari 2/4% era giunta sino al 14%), l’affrancamento di valore per i soggetti non in regime d’impresa subisce un vero e proprio stravolgimento nella legge di Bilancio 2023. A parte l’ulteriore incremento di aliquota al 16% (peraltro non esteso a tutte le fattispecie) e la nuova scadenza (fissata, con uno specifico emendamento, al 15 novembre 2023), è l’ambito oggettivo ad essere maggiormente interessato dai cambiamenti, con un ampliamento che porterà ad applicare i calcoli di convenienza in molte più ipotesi rispetto al passato.

Indirettamente, anche un’altra disposizione della legge di Bilancio (legge 197/2022) può portare ad ampliare il perimetro dei soggetti, includendovi anche contribuenti non residenti finora interessati a questa facoltà solo marginalmente.

Terreni e partecipazioni

Il tradizionale ambito di riferimento delle rideterminazioni del costo fiscalmente riconosciuto viene esteso ai titoli, alle quote e ai diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, posseduti al 1° gennaio 2023, superando quindi il problema emerso (da ultimo con circolare 1/E/2021) per le partecipazioni possedute in società aderenti al sistema multilaterale di negoziazione Aim Italia.

In presenza di questi titoli, quote e diritti, l’affrancamento non si basa sulla frazione del valore di perizia riferito al patrimonio netto dell’ente partecipato, ma sul valore normale determinato, ex articolo 9, comma 4, lettera a) del Tuir in riferimento al mese di dicembre 2022. Per tutti i titoli (quotati e non) e per le aree (edificabili e non) l’imposta sostitutiva per affrancare sale al 16%, modificando (in peggio) i calcoli di convenienza (si veda anche Il Sole 24 Ore del 22 dicembre): la plusvalenza “di equilibrio” tra imposizione ordinaria e sostitutiva per le partecipazioni raggiunge il 160% rispetto al costo fiscale “storico” (era il 117% con la sostitutiva al 14%, e il 73,33% con la sostitutiva all’11 per cento). Se, quindi, la plusvalenza insita nel valore di mercato non supera il 160% del costo, non conviene affrancare, anche in considerazione dei costi di perizia (o di determinazione del valore normale per i titoli quotati).

Gli altri beni

La legge 197/2022 consente per la prima volta di operare l’affrancamento (con regole analoghe a quelle valide per terreni e partecipazioni ma con imposta sostitutiva al 14%) anche per:

● i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g) del Tuir, e le plusvalenze potenzialmente derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (opzione entro il 30 giugno 2023, pagamento entro il 16 settembre 2023 o con il saldo Irpef);

● i redditi di capitale ex articolo 44, comma 1, lettera g-quater) del Tuir, emergenti dai contratti di assicurazione sulla vita di cui ai rami I e V del Codice delle assicurazioni private (versamento entro il 16 settembre 2023);

● il valore delle cripto-attività possedute al 1° gennaio 2023, anche in questo caso ricorrendo a una valutazione al valore normale, ex articolo 9 del Tuir (versamento entro il 30 giugno 2023).

Ma i soggetti interessati all’affrancamento potrebbero essere numericamente maggiori a partire dal nuovo anno, non per via di un’estensione prevista espressamente dal legislatore, ma come effetto collaterale di un’altra modifica contenuta nella stessa legge di Bilancio (commi da 96 a 99). L’intervento operato sugli articoli 23 del Tuir e 5 del Dlgs 461/1997 attrae a tassazione in Italia le plusvalenze realizzate da soggetti non residenti al momento della cessione di partecipazioni in enti o società estere (non negoziate in mercati regolamentati), il cui valore per più della metà deriva – in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione – direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia, diversi dagli immobili merce e da quelli utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa. E ciò anche in caso di partecipazioni non qualificate detenute da contribuenti residenti in Stati “white list”.

Anche questi soggetti, quindi, d’ora in poi confronteranno il 26% di imposizione ordinaria con il 16% di imposta sostitutiva; fermo restando che, in ogni caso, andrà verificata la convenienza sulla base delle norme convenzionali e di quelle dello Stato di residenza del socio/partecipante attratto a tassazione in Italia da questa modifica normativa.

L’esempio

Il calcolo di convenienza
Supponiamo che il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione sia pari a 100 e il valore che potrebbe essere affrancato pari a 260.

In questo caso: l’imposta ordinaria è pari a 41,6 (26% di 160); così come la sostitutiva (16% di 260).
Se la plusvalenza implicita nel titolo è superiore al 160%, conviene affrancare (anche se, per le partecipazioni non quotate, andrebbero considerati anche costi di perizia, a loro volta deducibili da un’eventuale eccedenza di plus rispetto a quanto affrancato). Ad esempio,
se con un valore fiscale di carico di 100 vendo a 300: meglio pagare il 16% su 300 (48) che il 26% su 200 (52).
Se la plusvalenza implicita nel titolo è inferiore al 160% non conviene affrancare. Ad esempio:
valore fiscale di carico 100, vendo a 220: meglio pagare il 26% su 120 (31) che il 16% su 220 (35).
Si potrebbe anche ragionare (con risultati analoghi) in termini di rapporto tra valore di perizia/mercato e costo fiscale: c’è convenienza ad affrancare se il costo fiscale è minore del 38,5% del valore di perizia (plus > 61,5% del valore di mercato).

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