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Non solo crisi energetica: principio di proporzionalità per le esenzioni d’accisa negli Stati Ue

di Giorgio Emanuele Degani

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza resa nella causa C-326/20 del 13 gennaio 2022, ha ribadito che il regime delle esenzioni d’accisa operante all’interno di ciascuno Stato membro deve rispettare il principio unionale di proporzionalità.

Il caso esaminato

I giudici del Lussemburgo hanno vagliato la compatibilità tra la norma di uno Stato membro (Lettonia) e la direttiva 2008/118/Ce relativa al regime generale delle accise, che subordinava l’esenzione d’accisa sui prodotti utilizzati nell’ambito delle relazioni diplomatiche e consolari alla condizione che il destinatario effettivo di tali prodotti li avesse pagati direttamente presso i fornitori con mezzi di pagamento diversi dai contanti.

La Corte di Giustizia ha innanzitutto rilevato che la direttiva 2008/118/Ce ha lo scopo di istituire un regime generale delle accise per garantire la libera circolazione dei prodotti e assicurare il corretto funzionamento del mercato interno. Con specifico riferimento alle esenzioni, l’articolo 12 della direttiva ha l’obiettivo principale di garantire che i destinatari dei prodotti esenti possano effettivamente beneficiare di tale agevolazione. In un simile contesto, sebbene gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nell’applicare l’agevolazione d’imposta, fissando limiti e condizioni, tale potere è limitato dal principio di proporzionalità.

Il criterio unionale

Il principio di proporzionalità rappresenta un criterio universale di “giustizia” che permette di misurare e limitare l’arbitrarietà del potere esercitato da parte dell’amministrazione pubblica, quando questo comporta il sacrificio degli interessi o dei diritti dei soggetti. Il principio di proporzionalità impone agli Stati membri di avvalersi di mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, non devono eccedere quanto necessario a tal fine e portano il minor pregiudizio possibile agli altri obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’Unione.

La giurisprudenza della Corte precisa al riguardo che, in caso di scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti (si veda la pronuncia della Corte Ue, causa C-126/15, 29 giugno 2017, Commissione/Portogallo).

In altri termini, l’azione dello Stato deve essere “adeguata e congrua”, avendo riguardo alla condizione reale e personale di ciascun soggetto titolare di diritti, ossia deve valorizzare la situazione concreta in cui si trova il contribuente, imponendo allo Stato di agire con modalità che siano strettamente necessarie, idonee e adeguate a conseguire l’interesse pubblico nel rispetto di tutte le libertà del contribuente e di tutela della sfera patrimoniale dello stesso.

Con specifico riferimento alle accise, l’adozione di requisiti e condizioni affinché l’esenzione d’imposta possa essere concessa dallo Stato membro deve rispettare, da un lato, la direttiva 2008/118/Ce – trattandosi di imposte armonizatte – e, dall’altro, proprio il principio unionale di proporzionalità.

La Corte Ue ha quindi utilizzato tale canone di giudizio per valutare la compatibilità della norma interna lettone sulle condizioni per richiedere l’esenzione d’accisa; giudicando come incompatibile l’onere di effettuare i pagamenti tramite mezzi diversi dai contanti in quanto non proporzionato.