Adempimenti

Definizione liti pendenti, importi oltre mille euro con rateazione mensile

La novità contenuta nella conversione in legge del decreto Bollette prevede, con importi oltre ai mille euro, il pagamento in un massimo di 20 rate di pari importo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Possibilità di rateazione mensile in luogo di quella trimestrale: è questa l’ulteriore probabile novità contenuta nella conversione in legge del decreto Bollette che interessa la definizione agevolata delle liti tributarie pendenti. Nel caso in cui gli importi dovuti superino mille euro, l’attuale disposizione prevede il pagamento in un massimo di 20 rate di pari importo, di cui le prime tre da versare entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023 e le successive (17) entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno. In sede di conversione del decreto, è stato modificato l’attuale piano di rateazione prevedendo che a scelta del contribuente, dopo i primi tre versamenti, la dilazione possa avvenire, in alternativa, anche in 51 rate mensili di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese (solo per dicembre il termine è il 20) da gennaio 2024.

La modifica non comporterà un maggior tempo a disposizione del contribuente per il pagamento del dovuto, ma la possibilità di versare rate di importo inferiore (essendo mensili e non trimestrali). Ciò comporterà minori interessi da dilazione.

Le criticità emerse nella fase di prima applicazione non sembrano trovare soluzione. Innanzitutto, la norma (comma 198 della legge 197/2022) prevede che per i processi pendenti in attesa di giudizio, occorre depositare nel fascicolo la domanda presentata e il versamento della prima rata. Il giudice, quindi, verificato il deposito di tale documentazione dichiara estinto il processo. Tuttavia, alcuni uffici in udienza si oppongono alla richiesta di estinzione, nel presupposto che non hanno verificato la correttezza della definizione presentata. Si tratta di una posizione contraria alla norma e già risolta dal legislatore: se successivamente viene emesso un diniego alla definizione, è disciplinata la revocazione della pronuncia di estinzione (comma 201). Peraltro, la prassi degli Uffici sembra anche contraria alla volontà del legislatore di deflazionare celermente il contenzioso (a seguire l’Agenzia ci sarebbero solo innumerevoli rinvii).

Altra questione è il mancato coordinamento tra gli uffici legali dell’Agenzia, che di regola seguono il contenzioso e quindi verificano la presentazione della definizione agevolata, e l’Agente della riscossione. La norma, infatti, non disciplina forme di comunicazione, con la conseguenza che se le somme oggetto di contenzioso sono già state affidate ad Ader, in caso di definizione agevolata, non esiste alcuna automatica sospensione né dell’obbligo di pagamento, tanto meno delle procedure cautelari ed esecutive che potrebbero essere intraprese. Il contribuente, quindi, prudenzialmente potrebbe informare Ader della definizione, la quale però puntualmente (per quanto finora noto) replica di non aver alcuna competenza al riguardo e di rivolgersi all’ente impositore (Entrate/Dogane). È evidente la necessità di un coordinamento tra i due enti al fine di evitare che il contribuente rischi conseguenze nonostante l’adesione alla definizione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©