Controlli e liti

Frode Iva, stop alla detrazione Iva se l’ufficio prova la consapevolezza

La Ctr Lazio 3459/8/2021 ribadisce che l’onere di prova è a pieno carico dell’Agenzia sulla «partecipazione»

La Ctr Lazio 3459/8/2021 depositata in segreteria lo scorso 8 luglio (presidente De Santi, relatore Novelli) è tornata ad affrontare il tema della fatture soggettivamente inesistenti, confermando il principio per cui l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione compiuta si inseriva in una evasione Iva. La prova può essere fornita, anche in via presuntiva, mediante la dimostrazione, in base a elementi oggettivi, circostanziati e specifici che il cessionario sapeva (o avrebbe dovuto sapere) dell’inesistenza del contraente.

Il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo applicativo dell’Iva e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, salvo che ricorrano casi eccezionali. Tra questi, le ipotesi in cui sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che il diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente.

Per questo motivo l’eccezionalità del diniego al diritto della detrazione assume primaria rilevanza sotto il profilo probatorio: se l’evasione d’imposta viene commessa dal cedente o da soggetti terzi nell’ambito di una catena di operazioni rilevanti ai fini Iva, l’ufficio - oltre a dover dimostrare la sussistenza dell’evasione sotto un profilo oggettivo - deve altresì fornire la prova che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto avrebbe partecipato a un’evasione dell’Iva perpetrata dal fornitore o da altro operatore intervenuto, a monte o a valle, nella catena di tali cessioni o prestazioni.

In altri parole, in questa fattispecie non vi è alcun automatismo circa il collegamento tra il soggetto passivo e la frode. Sicché compete all’ufficio dimostrare la sussistenza di elementi oggettivi che consentano di muovere un fondato rimprovero al contribuente tale da giustificare il diniego della detrazione. Si chiede quindi una “prova piena” da parte dell’amministrazione finanziaria, la quale è tenuta a dimostrare adeguatamente questi elementi al fine di evitare qualche forma di responsabilità oggettiva.

Nel caso di specie, a fronte di plurimi elementi probatori e circostanziati offerti dall’amministrazione finanziaria, il contribuente non ha fornito alcuna prova contraria atta a dimostrare la propria buona fede. Così la Ctr ha confermato la pronuncia di primo grado.

L’iter motivazionale appare essere condivisibile e coerente con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità ed eurounitario. La Corte di giustizia Ue, di recente, è tornata ad esprimersi chiarendo che in caso di mala fede del contribuente, l’amministrazione può negare il diritto alla detrazione Iva (causa C-430/19, Sccf).

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