I temi di NT+Modulo 24

Per i valori di cambio confermato l’intervallo di congruità

La Cassazione consolida il proprio orientamento sull'esistenza di «una ragionevole banda di oscillazione» entro la quale risultano collocabili differenti valori di cambio

di Leo De Rosa e Alberto Russo

La necessaria presenza del rapporto di cambio segna una profonda differenza tra le operazioni di fusione e, ad esempio, le operazioni di cessione dalle quali prende spunto un primo ordine di considerazioni.

Se infatti, all’interno di queste ultime gli interessi sono negoziati direttamente dalle parti coinvolte in maniera diretta e libera e condensati nel corrispettivo, un meccanismo con tali caratteri non è presente nelle ipotesi di fusione e scissione.

A giusta ragione, però, sarebbe criticabile la stessa percorribilità di un paragone tra cessione, che rappresenta il paradigma di operazione traslativa a natura realizzativa, e la fusione che invece, all’opposto, ha finalità riorganizzative e conservative.

Più nello specifico, infatti, i trasferimenti patrimoniali che conseguono ad una fusione non ne rappresentano (rectius dovrebbero rappresentare) mai il fine ultimo, bensì "solo" la naturale conseguenza della causa propria dell’operazione che, come anzidetto, è riorganizzativa. Tale differenza aiuta a comprendere la ragione che ha spinto il legislatore a prevedere due ordini di garanzia di diversa natura.

Il primo passaggio, a garanzia dell'interesse generale, è la limitazione del (l’eventuale) conguaglio in denaro. Infatti, se da un lato è ammessa la possibilità di garantire la corrispondenza tra valore della partecipazione ex ante e il valore ex post facendo ricorso al denaro, lo stesso legislatore si attiva prontamente al fine di evitare che tale corresponsione non mascheri un realizzo parziale di plusvalore, tradendo la natura riorganizzativa della vicenda. Un secondo ordine di garanzia è invece volto più specificatamente a tutelare gli interessi dei soci.

Le (preventive) tutele offerte ai soci previste dal legislatore

La competenza a stabilire il rapporto di cambio spetta agli amministratori delle società coinvolte, i quali ne danno evidenza nel progetto (comune) di fusione. Gli stessi soggetti provvedono a dare contestuale illustrazione del procedimento di determinazione nella cosiddetta relazione degli amministratori, allegata al progetto.

Ulteriore garanzia, a scanso di ogni possibile "miopia" che possa viziare le giustificazioni degli amministratori, chiamati ad argomentare sulle proprie decisioni, è fornita da una relazione "terza", ovvero la relazione degli esperti prevista dall’articolo 2501-sexies del Codice civile. Occorre dire che non v’è dubbio sul fatto che entrambe le relazioni siano previste a tutela dei soci. Come già osservato dalla dottrina (si veda in proposito la Massima III della commissione società del Consiglio notarile di Milano [2001]), i soci, infatti, all’unanimità, oltre a poter validamente rinunciare per espressa previsione del legislatore alle soprarichiamate relazioni possono altresì approvare l’operazione straordinaria nel caso l’esperto rilasci giudizio sfavorevole, in quanto unici titolari del «potere di valutazione dell’idoneità dei mezzi prescelti a presidio degli interessi di cui sono portatori».

L’ordinanza della Cassazione

La vicenda trattata nell’ordinanza della Cassazione 4344 del 12 febbraio 2023, ha un esito piuttosto infausto per il ricorrente, istante per il risarcimento del danno da incongruità del rapporto di cambio collegato alla fusione per incorporazione di Beta (di cui era socio al 9%) e la sua controllante Alfa. Ripercorrendo, in estrema sintesi, i fatti di causa, nel primo grado di giudizio l’istante pone a fondamento della sua richiesta l’inattendibilità dei documenti a supporto della valutazione in quanto contestati tramite l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio dell’esercizio preliminare alla fusione. Il tribunale di Reggio Emilia, previo espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, respinge la domanda.

Medesima sorte anche per la decisione di secondo grado, stante tra l’altro, il rigetto, divenuto definitivo, dell’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio, che il socio aveva intentato e che aveva posizione centrale nei rilievi critici. Tuttavia, il consulente tecnico nominato in appello pur confermando la correttezza dell’operato e delle valutazioni rese nel primo grado (e dunque anche degli amministratori) da pure atto di un’incongruenza nell’applicazione del metodo di valutazione adottato con riguardo al calcolo di uno dei parametri di riferimento (il Roe di Beta), precisando che, in ogni caso, si trattava di una mera incongruenza applicativa, non idonea a incidere sul complessivo processo di valutazione.

Con il primo (e principale) motivo di ricorso per Cassazione il socio lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, là dove il giudice d’appello avrebbe omesso di tener presente che il consulente tecnico aveva constatato che il metodo impiegato per la determinazione del concambio era stato applicato in maniera erronea. Di contro per la Corte il motivo è inammissibile in quanto l’omesso esame lamentato non ha riguardato un fatto inteso in senso storico-naturalistico, ma piuttosto un passaggio nello sviluppo delle argomentazioni. Invero, la Corte ritiene corretto l’operato del giudice di secondo grado il quale, recependo le valutazioni dal consulente nominato, ha pur dato conto di un’incongruenza tecnico-applicativa, ma ha ritenuto di convenire con il consulente sulla mancanza di elementi idonei a smentire l’intera determinazione del rapporto di cambio operata.

Nello sviluppo delle (brevi) motivazioni rese, la Corte ritiene anche utile «ribadire che non esiste un unico rapporto di cambio esatto, che va, invece, determinato all’interno di una ragionevole banda di oscillazione e che, diversamente da quanto argomentato dal ricorrente in memoria, è proprio il giudizio integrato di valutazione a propiziare la migliore approssimazione verso una stima effettivamente adeguata» richiamando le Cassazioni 15025/16 e 7920/20.

Conclusioni

Dalla breve disamina offerta è emersa la particolarità dell’istituto del rapporto di cambio. Più nello specifico, tali particolarità, si manifestano nel procedimento di determinazione, in primo luogo perché il soggetto chiamato in concreto alla determinazione non è (escludendo il caso del socio-amministratore) lo stesso soggetto su cui si manifesteranno principalmente gli effetti della scelta, ed in secondo luogo, perché l’intero procedimento di determinazione non è basato su fattori oggettivi ma piuttosto su stime e valutazioni. Se infatti l’esito del procedimento si risolve in una proporzione matematica, la medesima natura non può assumerla la fase di individuazione dei valori a cui applicare tale proporzione.Tuttavia, tale delicatezza era ben percepita anche dal legislatore, il quale nell’ambito del procedimento di determinazione (e non quindi di "mero" calcolo) del concambio, al fine di tutelare il socio/i, ha delineato nel Codice un sistema di rimedi. Rimedi che però hanno natura (principalmente) preventiva.

Infatti, se non vi è più alcun dubbio sull’operatività del cosiddetto principio di irregredibilità degli effetti della fusione, ex articolo 2504-quater del Codice civile, ovvero della possibilità per il socio leso di ottenere una decisione del giudice che abbia natura demolitoria con riguardo ad una fusione già perfezionata, resta(va) da chiarire quale fosse lo spazio riservato alla tutela risarcitoria. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 2504-quater del Codice civile «Resta salvo», infatti, «il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione».Orbene, come condivisibilmente osservato in dottrina, l’utilizzo di un concetto "elastico" come quello di «congruità» deve intendersi come il frutto di una scelta chiara e ragionata del legislatore. La peculiarità di imporre un concambio congruo (ovvero non "esatto") consente agli amministratori di far affidamento per le valutazioni ai metodi che meglio si conciliano con la struttura, la natura e le particolarità delle aziende coinvolte nel caso concreto, con l’unico limite che detto criterio sia omogeneo a quello scelto dalle società controparti, permettendo dunque un equilibrato raffronto dei valori risultanti.

Anche a distanza di anni dalla redazione del Codice, si è dell’opinione che l’elasticità non può che continuare ad essere la migliore tra le (poche) soluzioni possibili. In mancanza dell’"àncora" dell’assolutezza, che connota i procedimenti matematici, il rapporto di cambio non può che risultare come un dato fortemente parziale (id est di parte), dunque influenzabile e, soprattutto, negoziabile.

Il consiglio, quindi, non può che essere quello di passare attraverso un attento studio delle trattative preliminari, ossia già nella primissima fase di strutturazione dell’operazione, in quanto ad oggi, anche alla luce delle recenti prese d’atto giurisprudenziali, se è certamente preclusa la via demolitoria/ripristinatoria, anche quella del risarcimento del danno minimo più che impervia sembra risultare impossibile.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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